venerdì 3 dicembre 2010

Arturo Paoli. Ne valeva la pena


Sono diventato grande nelle brevi ore di un pomeriggio d’inverno. Avevo compiuto otto anni quattordici giorni prima.
Comincia così - nella biografia scritta da Silvia Pettiti - il racconto della propria vita da parte di Arturo Paoli, sacerdote e missionario, dal titolo Arturo Paoli. Ne valeva la pena (ed. San Paolo, 2010, con la Prefazione di Walter Veltroni).
Quello era il pomeriggio del 14 dicembre 1920. All’apertura del comizio dell’onorevole socialista Ventavoli, nella piazza di San Michele, a Lucca, un gruppo di camicie nere comincia la sua azione di disturbo. Da lì i tafferugli, che sfociano nella morte di due persone, proprio sotto gli occhi del piccolo Arturo. La madre, cui chiederà spiegazioni, gli risponderà:
“questo succede perché gli uomini non si vogliono bene, e litigano tra loro a tal punto da ammazzarsi. Dobbiamo impegnarci affinché nel mondo ci sia più amore tra le persone”.
Lì Paoli comprese che l’amore non è soltanto un concetto o un “dovere cristiano”, ma qualcosa di urgente e necessario. Perché non c’è niente di più prezioso della vita, niente di più irrimediabile che il perderla. Fattosi prete, la sua opera resta impregnata da questa convinzione fondamentale: non c’è vera azione morale che non sia effettiva ed efficace; non c’è “carità cristiana” che non sappia (e non debba) incarnarsi in opera di giustizia. Con questa certezza si prodiga a favore degli ebrei italiani, che aiuta a fuggire dalla ferocia nazista; similmente in Argentina, Brasile, Venezuela, è al fianco degli ultimi, spesso in fuga dalle scorrerie dei vari regimi fascisti sudamericani del dopoguerra.
L’autrice, che lascia ampio spazio alla narrazione in prima persona dello stesso Paoli, accompagna i ricordi alla ricostruzione storica e a qualche commento chiarificatore mai invadente. Il racconto scorre fluido e appassionante tra i dissapori con la Santa Sede e l’“obbligo di emigrare”, tra la foto della strada argentina dedicata ad Arturo Paoli e quella dell’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che appunta sulla giacca di fratel Arturo la medaglia d’oro al valore civile per i meriti acquisiti durante la Resistenza.
Riflettendo sul fatto che una vita tanto eccezionale abbia preso le mosse da una ovvietà (la constatazione, appunto, dell’urgenza e della necessità dell’amore tra gli uomini), si scopre quanto sia spesso tutt’altro che banale prendere il coraggio a due mani e mettere in pratica fino in fondo ciò in cui davvero si crede. Non so se Arturo Paoli sia stato un eroe, oppure un santo; ciò che emerge da questo bell’acquerello di Pettiti è semplicemente il ritratto di un uomo che ha saputo fare poche chiacchiere e molti fatti. Più che un esempio, un monito.

(«l'Altrapagina», novembre 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano