Volti dell’ateismo (ed. Sugarco, 2010) di Vincenzo Vitale sembra un libro d’altri tempi. Che ambisce ad inserirsi nel solco della tradizione apologetica di Padri della Chiesa quali Ireneo e Agostino; che a pag. 8 riporta - al posto in passato riservato all’imprimatur - l’auspicio di fr. Wojciech Giertych, O.P., che il libro venga pubblicato in Italia perché “difende la tradizionale dottrina cattolica” e dunque “ne vale la pena”. E via discorrendo.
L’autore è un laico, laureato in Filosofia del diritto, magistrato per diversi anni. Ma da chi - o da cosa - Vitale vuol difendere l’ortodossia cattolica?
Come dichiara fin dal titolo, il suo nemico è l’ateismo, incarnato oggi - a suo dire - nei volti di Corrado Augias, Piergiorgio Odifreddi, Vito Mancuso. Quest’ultimo sarebbe addirittura un eretico, “senz’altro il più pericoloso, le cui dotte disquisizioni tanto guadagnano in persuasione quanto trascurano la passione per la verità”.
Si può essere più o meno d’accordo con l’autore su questa o quella tesi, si può più o meno gradire un linguaggio che continuamente si riferisce all’autorità, con deferenza; si può più o meno sentirsi in sintonia con uno stile che spesso e volentieri non solo non rispetta l’avversario, ma lo irride; ma non si può negare che il libro sappia catturare l’attenzione del lettore, scendendo a volte nel particolare fino all’erudizione (esercizio nel quale Vitale mostra una certa perizia).
Il punto è che - come purtroppo accade spesso, in questo tipo di confronto - la critica rivolta agli autori non centra l’obiettivo: potrà infatti anche essere vero, ad esempio, che Mancuso calchi un po’ la mano (non è l’opinione di chi scrive) nel tentativo di cercare un accordo tra scienza e religione; ma la proposta di Vitale non contribuisce all’opera, limitandosi a dire che ciò che non è in accordo con i dogmi e il magistero è per ciò stesso sbagliato. Può anche darsi che i tre intellettuali criticati corrano, ciascuno a proprio modo, il rischio dell’ateismo; ma, d’altro canto, Vitale corre il rischio della morte per inedia della teologia, relegandola al ruolo di mera divulgatrice del magistero cattolico. La critica, insomma, seppur ben esercitata, non avviene nello stesso luogo da cui l’autore criticato parla; le istanze presentate non vengono affrontate nei contenuti (con la proposta di un contenuto diverso, finalizzato allo stesso obiettivo: ad esempio, l’accordo tra scienza e religione), né nel fondamento (mostrando che l’intento prefissato è superfluo, o mal disposto): semplicemente, vengono ignorate. L’effetto finale sembra un po’ quello d’un dialogo tra sordi.
Più che una vera confutazione quello di Vitale appare infine come un invito alla cautela e a una riflessione più ampia e reciprocamente riguardosa delle diverse posizioni. Con la Prefazione di Antonio Socci.
(«il Recensore.com», 22 novembre 2010)
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