domenica 17 ottobre 2010

Comunicazione e democrazia

La salute e la malattia di una società dipendono in larga parte dal modo in cui i sistemi di conoscenze comunicano.
Si apre con questa lucida affermazione di Giuseppe Ventrone il volume AA. VV., Comunicazione e patologia della comunicazione (ed. L’Aperia, 2004). Non importa quanto ampio sia il sapere e quanto evoluta la sua specializzazione: se lo scambio di informazioni tra i diversi sistemi di sapere non è efficace, in quanto fondato su un linguaggio e su una logica condivisi, la conoscenza rischia di ritorcersi cotro i cittadini, vittime di lobby economiche che traggono profitto dall’occultamento del sapere.
Manipolare, oscurare, distorcere il sapere tramite
l’utilizzo di linguaggi che distraggano invece di mettere a fuoco, che complichino le cose inducendo la voglia di affidarsi agli “esperti”, istigando i cittadini a delegare il proprio (defatigante) ruolo di protagonisti sociali in favore di un misero ma comodo posto da spettatori televisivi. Ecco che gli odierni comunicatori fanno piazza pulita dei linguaggi umani più democratici, come quello della filosofia (in grado di abbracciare le cose apparentemente più distanti) e quello della scienza (troppo razionale e posato, per una politica che sa navigare solamente a vista), preferendo loro l’astrusità e l’irraggiungibilità del linguaggio della tecnica (come ben sa la pubblicità, che affida a dei medici perfino la réclame dello yogurt), ovvero l’emotività irriflessa del linguaggio dell’“opinione suggestiva” (che «non è altro che il pebsiero comune pre-logico, quello del mito, della personale e momentanea suggestione, del pregiudizio, della superstizione»).
In sintonia con queste conclusioni procede il saggio di Aldo Musciacco, che mostra - partendo dal dato di un utilizzo sempre più ampio, a livello planetario, della menzogna quale tecnica di persuasione politica - come la democrazia si trovi in una fase di regressione, dappertutto, anche in Italia.
Così, la comunicazione entra in uno stato di patologia. Tanto più grave quanto più il potere riesce ad alterare la percezione delle cose (ai fini della creazione del consenso: Musciacco cita al riguardo la guerra angloamericana all’Irak, interamente costruita sulla gigantesca menzogna delle armi di distruzione di massa irachene). In questo compito è maestra la televisione, che riesce non solo a distorcere, ma finanche a capovolgere del tutto certi significati (come mostra dottamente Angela Montuori, nel suo saggio centrato sul 1984 di Orwell e sul Panoptikon di Bentham).
Il libro, cui partecipano anche Oreste Felicità, Raffaele Piccirillo e Arianna Quarantotto, si chiude con un breve capitolo dal titolo “Proposte. Qualche idea per ampliare gli spazi della comunicazione”. Tra le quali: l’istituzione di mediateche comunali; la stesura di un manifesto per la stampa e il cinema di qualità; lo studio di limiti da porre alla concentrazione dei media. Perché la democrazia è di tutti. La nostra partecipazione non è in vendita.

(«Il Caffè», 15 ottobre 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano