martedì 7 settembre 2010

L. Tussi, Il dovere di ricordare, ed. Aracne, 2010

«È possibile essere nazisti, in maniera praticamente inconsapevole, anche in un Paese democratico»: ecco il punto di partenza del quarto libro di Laura Tussi, “Il dovere di ricordare” (Aracne, 2010). Tussi è un’autrice che si occupa quotidianamente delle tematiche della deportazione e dello sterminio degli Ebrei durante la Seconda guerra mondiale, nell’ambito della sua opera di animatrice di eventi culturali presso enti e scuole.
In questo libro cerca di andare oltre le conclusioni del suo lavoro precedente sull’argomento (Memorie e Olocausto, ed. Aracne, 2009): lì l’autrice concludeva che - per scongiurare il rischio onnipresente di ricadere in una disumanizzazione paragonabile a quella nazista - è fondamentale il ruolo della memoria di quei fatti, da mantener viva grazie a un’opera di diffusione presso le generazioni giovani.
In queste pagine Tussi propone una azione educativa che vada oltre lo sforzo di rammemorazione della Shoah e delle sue interpretazioni: occorre un lavoro interculturale di avvicinamento all’altro, al diverso, a colui che non riusciamo a comprendere e che forse ci spaventa (talora al punto da imbracciare le armi contro di lui), che possa mostrarcene - nelle somiglianze come nelle differenze irriducibili - l’appartenenza alla comune famiglia umana. Perché non c’è migliore antidoto al sempreverde razzismo che conoscere il nostro prossimo di persona, direttamente, senza le intermediazioni degli stereotipi culturali (in specie televisivi), per scoprire infine che sono mille volte più le cose che ci accomunano rispetto a quelle che ci differenziano.
Il dialogo è al centro di quest’opera: Tussi parte dalla diversità come paradigma dell’umano per arrivare alla necessità di una educazione alla cittadinanza contemporanea, guadagnata attraverso una adeguata pedagogia, appunto, del dialogo.
Il rischio della “barbarie civilizzata” incombe sempre su di noi, su questa umanità logorata dai cambiamenti incessanti e da un sistema economico che schiacci i più deboli e che fa del trionfo sull’altro il suo vessillo. La facoltà dell’uomo di essere “umano” è una caratteristica nient’affatto innata, che è terribilmente facile smarrire. La Shoah, solo sessanta anni fa, ce lo ha mostrato. Abbiamo il dovere di ricordare.

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano