L’ultimo libro di Gianni Vacchelli, “Per un’alleanza delle religioni. La Bibbia tra Panikkar e la radice ebraica” (Servitium, 2010), è una lettura biblica “atipica”, orientata al dialogo interreligioso sulla base di innovative considerazioni metodologiche (alle quali vengono riservati ben 2 dei 4 capitoli del libro). Obiettivo del saggio, dichiarato fin dal titolo, è quello, ambizioso ma non eccessivo, di contribuire ad un’alleanza delle religioni, non intesa sul piano politico, bensì su quello della reciproca comprensione (e avvicinamento).
L’autore dedica le due analisi testuali rispettivamente alla figura di Melchisedec, quel “non ebreo cui perfino Abramo era sottomesso” (simbolo di una universalità al di là di ogni rivendicazione di esclusività e di elezione) e di Giona (su cui Vacchelli si era già diffuso nel suo precedente Dagli abissi oscuri alla mirabile visione; discorso qui ripreso e approfondito). Lo studioso si muove come sempre a suo agio fra i tanti diversi materiali utilizzati, dai testi sacri cristiani a quelli indiani, dalla Cabbala alla mistica, addentrandosi anche in nozioni filosofiche panikkariane di non facile gestione (come quelle di ermeneutica diatopica, cosmoteandrismo, dialogo dialogale).
Interlocutore privilegiato, ancora una volta, Raimon Panikkar, filosofo catalano cui Vacchelli riserva ampio spazio in bibliografia (nutrita di riferimenti in inglese, francese, tedesco). Il tono della discussione è sempre piuttosto semplice (per quanto può esserlo un saggio dal taglio scientifico), ma non teme di avventurarsi anche in approfondimenti specifici, come ad esempio la ricostruzione che Vacchelli rende dell’evoluzione del suo pensiero cristologico di Panikkar, dai primi testi degli anni ‘60 a quelli più recenti.
L’obiettivo di tutto questo lavoro non è però l’erudizione, bensì il perseguimento del principio che ha ispirato il precedente libro, “colligite fragmenta” (Gv 6,12: «colligite quae superaverunt fragmenta ne pereant»; «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto»). Ecco in che senso Vacchelli propone una lettura biblica in grado, grazie al contributo dell’ermeneutica di Panikkar, di superare il limite della radice semitica e di attecchire in terreni interpretativi ed esperienziali diversi, ma sempre più vicini, come l’India dei Veda e l’Oriente buddhista.
Il messaggio che trapela dalla teoria è dunque eminentemente pratico: solo se restiamo uniti possiamo trovare, insieme, delle vie d’uscita a problemi apparentemente irrisolvibili dell’umanità (primo fra tutti quello climatico; ma anche quello dello “scontro di civiltà” che è sempre dietro l’angolo). Abbiamo bisogno di un’alleanza delle religioni. Perché abbiamo bisogno della pace.