venerdì 19 marzo 2010

Disposti a tutto

Mai avrei immaginato di scrivere un articolo come quello che state leggendo, per dire le cose che vi sono scritte. E invece la realtà ci sorprende, talvolta ci colpisce. Come in questo caso: il governo ha emanato un decreto per riammettere Polverini e Formigoni alle elezioni.
Lasciamo stare tutto. Lasciamo stare che queste liste non avevano subito nessun torto dal quale sarebbe stato legittimo e opportuno difenderle con legge; lasciamo stare le polemiche sull'operato del Presidente Napolitano (che a mio avviso si è comportato bene, come sempre: facendo capire a chi è in grado di capire che questo è ciò che succede quando si sbaglia a votare). Lasciamo stare pure Berlusconi: chi se ne frega delle sue manie di grandezza, della sua ricchezza, delle sue barzellettine datate? Lasciamo stare tutto. Perché tutte queste cose passano - ahimé - in secondo piano.

Senza regole non c’è legge. L’unica legge è quella del più forte

Io sono preoccupato da un'altra cosa. E perciò - anticipo qui la conclusione - chiedo a tutti voi di riflettere sulla necessità di andare a votare, di andare comunque, nonostante tutto, nonostante ci si possa sentire poco rappresentati o poco entusiasti. Sono preoccupato perché questo governo non fa semplicemente delle leggi che non mi piacciono, ma fa delle leggi che minacciano la sopravvivenza della nostra democrazia; non è in questione questa o quella tassa da pagare domani, ma tutto ciò che diamo per scontato e su cui contiamo: l'insieme di quelle leggi, prassi, lo stesso buon senso che da sessant'anni ha tenuto unito questo popolo anche nelle difficoltà. Non è più il singolo contenuto che sta cambiando: si sta cambiando il contenitore.
Io credo che stiamo assistendo a una nuova forma di colpo di Stato: nella quale non si infrangono le regole con la violenza dello scontro aperto (e perciò riconoscibile), ma lo si fa veicolando il messaggio che tutto è ugualmente insulso, banale e triviale come un qualunque programma televisivo di intrattenimento, e che dunque tutto può essere modificato sempre e comunque in base ai capricci della maggioranza di turno. Come dire: a forza di sputare su tutto, non si riesce poi a vedere null'altro che gli sputi. I colpi di Stato non si fanno solo con gli eserciti e l'olio di ricino: rileggiamo Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt; o Come si diventa nazisti di W. S. Allen. Le rivoluzioni più pericolose e più efficaci sono quelle che si fanno con il consenso delle masse (il consenso, avete presente? Quello che si fabbrica grazie a tv e giornali).
Quando i barbari invasero Roma, Agostino pianse. Ma non perché parteggiasse per i romani; pianse perché in quel momento finiva un ordine costituito, che in qualche modo garantiva la certezza del diritto e la tutela dei cittadini nei confronti del potere. Pianse perché sapeva bene che dove finisce l'ordine, inizia il caos. E nel caos, come ad esempio quello della guerra civile - che noi italiani abbiamo conosciuto - dell'umanità dell'uomo rimane ben poco: il caos è la dimora delle belve.
Sono preoccupato perché le intenzioni qui sono chiare, messe sul tavolo: questi qui "sono disposti a tutto" (on. La Russa). E se perderanno le elezioni che faranno? Una legge che abolisca il risultato elettorale? Perché no? E se domani, disponendo della maggioranza sufficiente, abolissero i tribunali e incitassero il popolo a farsi giustizia da sé, con le proprie mani, magari con lo slogan: "processo breve, la giustizia a portata di mano: la tua"? Chi potrebbe fermarli? Quale scenario oggi ancora insospettato potrebbe aprirsi?
Ci stanno portando verso il Far West, e non per modo di dire. Quello che forse ci sfugge, ancora, incredibilmente, è che chi ha il potere e il consenso può fare qualsiasi cosa (non è un caso che questi signori facciano tanto spesso ricorso non alla legittimità istituzionale, bensì all'investitura popolare). Per questo bisogna sottrarre il consenso a chi se ne ammanta per farlo degenerare in abuso di potere. Lo dico francamente: ho paura di chi vuole aver sempre ragione, anche quando ha torto; di chi parla sempre a voce alta, minacciando; di chi ha come unica logica il "se sta bene a me, sta bene a tutti". E non mi consola più il pensiero che domani la storia li condannerà. Io, i miei figli, la società civile italiana (quel che ne rimane; ma so che c'è) abbiamo un grosso problema e ce l'abbiamo oggi. Non è questione di destra o sinistra, ma di civiltà o barbarie. Per favore, andate a votare. E votate bene.

(«Il Caffè», 12 marzo 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano