giovedì 18 marzo 2010

G. Sansonetti, E. Levinas. Tra filosofia e profezia, ed. Il Margine, 2009


Scopo dell’ultimo libro di Giuliano Sansonetti, Emmanuel Levinas. Tra filosofia e profezia (ed. Il Margine, 2009), dedicato al pensiero del grande filosofo francese di origini ebraiche, è
quello di far emergere il cuore di questo pensiero, liberandolo per quanto possibile da ogni specialismo e tecnicismo; di penetrare il segreto del suo fascino e della sua capacità di farsi ascoltare, senza approssimazioni e facili scorciatoie.
Audace, perché – come lo stesso Sansonetti rileva – Levinas (Sansonetti preferisce scriverlo senza accento, scelta compiuta proprio dal filosofo negli ultimi anni della sua vita) è un autore molto studiato sul quale
si è scritto e si continua a scrivere parecchio, tanto che
è difficile sfuggire alla sensazione che tutto sia stato detto e ben poco ci sia da aggiungere;
opera di esegesi che tuttavia suscita
l’impressione che [il pensiero di Levinas] sia più citato che realmente conosciuto.
Dunque Sansonetti, a 25 anni di distanza dalla sua prima opera su Levinas, si accinge a riaffrontarne approfondendolo l’intero pensiero.
Il libro si divide in due parti: la prima dedicata alla vita del filosofo, la seconda al suo pensiero. La trattazione è articolata in capitoli brevi, di 4 o 5 pagine l’uno, ben concatenati e molto chiari. Sansonetti conduce il lettore passo dopo passo, dai primi approcci di Levinas alla fenomenologia di Husserl e dal successivo distacco da Heidegger, fino all’elaborazione dei suoi concetti-chiave: la totalità, l’infinito, il volto, la responsabilità.
Si viene così posti di fronte a un pensiero il quale – al tempo in cui Heidegger proclamava che “la filosofia deve essere atea” – basa la sua speculazione sull’assenza di separazione (pur nella distinzione) tra filosofia e teologia. In effetti egli comincia a filosofare proprio in opposizione al suo maestro:
all’inizio per Levinas c’è Heidegger, ma nella forma del suo rifiuto, in una sorta di parricidio simile a quello che Platone affermava di aver compiuto nei confronti di Parmenide.
Il punto nodale del distacco non è tuttavia – come si potrebbe esser portati istintivamente a pensare – l’adesione di Heidegger al nazionalsocialismo (nonostante i primi segni dell’allontanamento fra i due siano rinvenibili proprio nello scritto levinasiano Alcune considerazioni sulla filosofia dell’hitlerismo), bensì la concezione ontologica heideggeriana dell’essere come “neutro”, condizione inessente di conoscenza e visibilità dell’ente, idea che per Levinas conduce a una filosofia della potenza dagli esiti nichilistici. A questa metafisica dell’essere Levinas contrapporrà la sua metafisica dell’Altro (ovvero, secondo la definizione dello stesso Levinas, l’“etica come filosofia prima”), per la quale l’essere è tutt’altro che neutro: “l’essere è sempre l’essere di qualcuno, di un esistente, di un sé”. Pensiero affascinante che pone fine alla vecchia contrapposizione tra materialismo e spiritualismo:
i bisogni materiali del mio prossimo sono bisogni spirituali per me,
era solito ripetere citando il rabbino Salanter.
In conclusione, va precisato che la filosofia di Levinas non è affatto un tentativo di confutazione di quella heideggeriana, bensì per così dire la ricerca di un modo di porre il pensiero al servizio dell’uomo, della sua grande fame d’amore, dell’accoglienza di cui ha (tutti abbiamo) bisogno. Sull’onda della sconfinata passione biblica per la vita, ma disciplinata nel rispettare le rigorose esigenze di “ellenizzazione del pensiero”, cioè ben consapevole che “la filosofia si parla in greco”.
Invitante anche la grafica di copertina e quella interna molto curata, con l’indicazione – pagina per pagina – del tema trattato, idea che per prima la casa editrice Il Margine ha messo su carta già molti anni fa.

(«il Recensore.com», 12 marzo 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano