lunedì 21 dicembre 2009

Indietro tutta


Nel mese di agosto, mentre tutti abbiamo sofferto il caldo, la Lega Nord ha sofferto di nostalgia. Con una serie di provvedimenti legislativi, di iniziative mediatiche, di proposte politiche e commenti a ruota libera ha offerto di sé (e purtroppo dell’Italia) un’immagine talmente tanto reazionaria che al confronto i democristiani del ’50 sembrerebbero degli ultraprogressisti.
Cominciamo dalle cosiddette “gabbie salariali” (cioè l’idea che – a parità di contratto e di lavoro svolto – un lavoratore del nord Italia debba percepire uno stipendio più alto di uno del sud, questo per – così hanno detto – “adeguare i salari al reale costo della vita, che al nord è più alto”). Questa “proposta indecente” è apertamente contraria alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art. 23), che recita:
ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
La Dichiarazione risale al 1948: un salto indietro di 61 anni.

I leghisti sono talmente inattuali che temo per il futuro stesso di questa rubrica.
E poi dicono che sono gli immigrati a rubarci il lavoro

All’inizio del mese “La Padania” è uscita in versione bilingue, tradotta a giorni alterni in dialetto veneto e in piemontese. Ora, per inciso, il “dialetto veneto” è un’invenzione bella e buona, che non è mai esistita né tanto meno parlata (così come non esistono né il dialetto campano né quello laziale; ad esempio, una lettrice padovana dell’”Unità” ha così commentato il titolo “Lengue e dialetti xe el futuro dei zóveni”: «io padovana non direi mai zóven: se dise “sovani”! E se dise “lingua” no “lengua”»). Per il professor Asor Rosa, emerito di Letteratura italiana alla «Sapienza» di Roma, si tratta di un regresso ai tempi dell’impero austro-ungarico: ad esser buoni, un centinaio di anni fa.
Negli stessi giorni, Bossi ha dichiarato – a proposito della ricorrenza nel 2011 dei 150 anni dell’Unità italiana – di “non aver niente da festeggiare” (affermazione che ha suscitato perfino il commento sprezzante di Ignazio La Russa: «è il caldo di agosto», ha detto). Altri centocinquant’anni trascorsi inutilmente.
Per chiudere in bellezza, il quotidiano spagnolo “El Paìs” ha scritto che le ronde e il reato di immigrazione clandestina (introdotto proprio all’inizio del mese di agosto) sono «un’aggressione del governo italiano allo Stato di diritto». Ciò in un editoriale intitolato “Somaten italiano”. La parola “somaten” descriveva i corpi armati cittadini catalani medievali (da “som atents”, cioè “stiamo attenti”). Una “tradizione” ripresa ed estesa nel periodo franchista. Un salto indietro niente di meno che al medioevo. Lo domando contro il mio stesso interesse: si può essere più inattuali di così?

(«Il Caffè», 18 dicembre 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano