martedì 15 settembre 2009

Virtù del pubblico, vizi del privato/2

Quante volte avete chiamato il centralino di un’azienda e nessuno vi ha risposto? Quante volte un tecnico non si è presentato a un appuntamento? (Per poi piombare all’improvviso in un orario o addirittura in un giorno completamente differente?) Quante volte avete pagato fior di quattrini per un servizio reso male, o per un’opera non eseguita a regola d’arte, che ha mostrato in seguito le sue imperfezioni? Avete poi cercato di ottenere un risarcimento, ma vi è stato impossibile rincontrarvi con l’operaio, e l’avvocato, le associazioni dei consumatori, i forum su internet vi hanno detto che non c’erano speranze di recuperare la somma. Quante volte un rivenditore, un commesso, una segretaria si sono mostrati nei vostri confronti sgarbati, inaffidabili, offensivi o disonesti? (Tanto per cominciare: siete sicuri di aver sempre ricevuto fatture e scontrini per ogni acquisto fatto?) E siete andati via stizziti e, allo stesso tempo, impotenti?

L’efficienza del mercato è un mito come tanti (come quello, ad esempio, dell’inerzia della burocrazia). La realtà è sempre meno omogenea di come la si dipinge

Se il mercato dicesse il vero, il cliente dovrebbe avere sempre ragione. Se il mercato selezionasse davvero i migliori, tutti i ceffi cui ho accennato dovrebbero essere senza lavoro da un pezzo (e sappiamo bene che non è così). Se il mercato ampliasse al massimo l’offerta, dovremmo sempre trovarci in condizioni di poter scegliere meglio e altrimenti (ma anche questo, come ben sappiamo, non è vero: dopo aver litigato con tutte le pizzerie che consegnano a domicilio della mia zona – perché hanno sbagliato l’ordinazione, perché sono venute con ore di ritardo, perché mi hanno propinato pizze crude o carbonizzate – l’unica scelta che mi rimane, letteralmente, è di farmela a piedi).
Se ne potrebbe discutere per ore, per giorni. Certo, sul mercato non ci sono solo operatori disonesti e imperiti. Ma quello che vorrei sottolineare è proprio questo: cioè che ci sono anche loro, quelli che sarebbe meglio non ci fossero e che sono tantissimi, più di quelli che ci si potrebbe ragionevolmente aspettare in seguito a una selezione effettuata dal mercato nei due secoli successivi alla rivoluzione industriale. Come si spiega? Semplice: quello dell’efficienza del mercato e della efficacia della concorrenza sono dei “miti” come altri (come quello della burocrazia inerte, sempre e comunque, o come quello delle donne isteriche); se ne fa un gran parlare, ma è sotto gli occhi di tutti (di tutti coloro disposti a guardare) che non è così, e che la realtà è sempre meno “a tinta unita” di come la si dipinge.
Ci sono i bravi, ci sono i mediocri. Questo vale nel pubblico, nel privato, per strada, a casa propria. La partecipazione e la giustizia non si costruiscono né con i giudizi sommari né con gli indulti generici, ma con l’attenzione al concreto, al singolare, rinnovata giorno dopo giorno, con una massiccia dose di buona volontà e con tanta, tanta pazienza. Anzi, di più.

(«Il Caffè», 11 settembre 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano