giovedì 16 aprile 2009
G. Germani, Tiziano Terzani: la rivoluzione dentro di noi, ed. Longanesi, 2008
La temperatura del pianeta aumenta, aumenta l’incidenza del cancro e dell’AIDS, aumentano la disoccupazione, l’esclusione, le disuguaglianze tra uomo e uomo: la tendenza della società occidentale a crescere senza limite porta alla crescita di tutte le cose, anche di quelle brutte. In più la globalizzazione rende globale ogni problema locale, e ogni scelta individuale diventa affare di tutti: così, proprio mentre diventa più necessario che mai unire lo sforzo creativo di ogni cultura, per individuare soluzioni efficaci e finora impensate, la globalizzazione dello stile di vita occidentale che avanza insieme ai suoi mass media lascia sempre meno spazio sulla terra a modi di vivere (e di pensare) alternativi.
Di fronte all’avanzare del disagio Gloria Germani, autrice di questo bel libro ispirato al pensiero di Tiziano Terzani, si domanda: abbiamo forse sbagliato strada? A partire dalla conoscenza personale del giornalista scomparso nel 2004, ma soprattutto dai suoi scritti (ricapitolati in una esposizione semplice e aperta a tutti, e tuttavia ricca di citazioni puntuali, che attinge anche ad una vasta bibliografia e sfocia in una pubblicazione veramente degna di nota), Germani esamina la nostra situazione attuale, mostrando che non c’è altra possibilità che riconoscere la propria auto-in-sufficienza, affidandosi alla cooperazione e al dialogo con l’altro.
A questo proposito, la figura di Terzani si rivela davvero esemplare: la sua ricchissima esperienza di vita – il Vietnam, la Cambogia, la Cina, il Giappone, la Russia, l’India, fino alla scoperta di essere malato di cancro e alla presa di posizione dopo l’11 settembre – si manifesta infatti come apertura ad orizzonti mentali inediti e fecondi. L'impulso che ha condotto Terzani a vivere 30 anni in Oriente gli ha offerto una straordinaria capacità di comprendere anche l’Occidente e la Modernità, cioè quella visione del mondo in cui siamo immersi e di cui siamo perciò poco consapevoli. Le sue prese di coscienza e le sue scoperte possono essere riunite intorno a tre nuclei: la critica alla visione scientifica del mondo come unico schema interpretativo della realtà, la necessità di adottare una visione olistica o non dualista del mondo (per la quale tutto è collegato, tutto è interconnesso), e infine la prospettiva etica del nostro futuro: la pace e la nonviolenza non solo tra uomini, ma anche tra uomo e natura, unica vera soluzione della terribile crisi ambientale ed economica di questi anni.
Terzani – critico nei confronti di un certo modo di pensare astratto e “oggettivo” – tratta la filosofia a partire dalla sua personale esperienza, cioè come stile di vita e amore per la saggezza, come qualcosa che sgorga da ciò che è vivo e fluisce verso l’armonia di tutto l’essere. Per Terzani condizione preliminare di ogni ricerca della verità è smettere di pensare che l’altro sia sempre qualcuno di cui diffidare perché “diverso”, o addirittura un nemico: «Siamo tutti assieme, su questa piccola terra, tutti uguali, gialli, neri, bianchi, musulmani, cristiani. Tutti uguali. Tutti con lo stesso cuore. Tutti con lo stesso amore verso i figli. Tutti con la stessa paura della morte» (p. 122). Il messaggio è chiaro: è molto più ciò che ci accomuna che ciò che ci differenzia.
Ma la grande tentazione dell’Occidente è proprio quella dell’“autarchia”, unita a un complesso di superiorità che lo rende ossessionato dall’idea di esportare dovunque le sue conquiste – scienza, economia, democrazia – e di ridurre ogni diversità alla propria omogeneità: l’Occidente non ha voglia di comprendere l’altro, ma solo di renderlo uguale a sé. Citando Terzani, l’autrice mostra come l’Occidente non si preoccupi ad esempio delle cause delle malattie, accontentandosi di rimuoverne i sintomi; allo stesso modo non si preoccupa di comprendere le ragioni di un fenomeno tanto dirompente e centrale quale il fondamentalismo islamico, e profonde ogni energia in guerre dislocate in ogni parte del pianeta.
Qui emerge la grande intuizione di Terzani (che non si definiva filosofo ma il cui pensiero mostra sorprendenti affinità con quello di Raimon Panikkar), per la quale il problema dell’Occidente è l’aver ridotto tutto a “materia”: il marxismo ci ha separati dal cielo, la psicanalisi ci ha spalancato la botola dell’inconscio sotto ai piedi e la scienza ci ha descritti come null’altro che una macchina corporea. A ciò si è aggiunto l’individualismo, che ha infine separato gli uni dagli altri. Non essendoci più spazio per l’“oltre”, che dà all’uomo l’apertura della speranza ed il senso del legame con tutte le cose, l’uomo occidentale è frustrato, smarrito, sbandato, alla continua ricerca di distrazione e di movimento, senza i quali verrebbe afferrato dall’ansia. Alla luce di questa considerazione Terzani legge il fondamentalismo islamico, che – in seguito al crollo dei regimi comunisti – è a suo avviso la reazione estrema di quei popoli che vogliono ancora sperare in un mondo dove l’accoglienza, la gratuità, la coesione sociale, non siano merci tra le altre, da vendere al miglior offerente.
Ma nel comprendere le ragioni del fondamentalismo Terzani non gli dà “ragione”. La via per uscire dall’impasse non è la violenza, nemmeno quella rivoluzionaria e meglio intenzionata: la via è piuttosto la nonviolenza, così come concepita da Gandhi, che sola può dare all’uomo la pace di cui ha bisogno per vivere in armonia con tutto ciò che è. Armonia che non può pretendere che la pace sociale o il disarmo totale si realizzino dapprima sul piano politico, ma che deve farsi strada nel singolo fino a diventare patrimonio comune dell’umanità e deve passare da una trasformazione radicale del rapporto con l'Io, con l'Ego per poi svilupparsi in una nuova educazione, una nuova medicina, una nuova economia. Perché «noi siamo ciò che pensiamo» (p. 105) e pensare in maniera nonviolenta è il primo passo per superare l’egocentrismo individualista prima denunciato. Nessuna rottura politica, nessuna riforma istituzionale, nessuna prassi sociale può sostituirsi a questo compito. Tutte le rivoluzioni hanno fallito: la vera rivoluzione è dentro di noi.
(«l’Altrapagina», gennaio 2009)
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