giovedì 16 aprile 2009

D. Faraone, Scienza e metafisica,ed. Armando, 2008

I paradossi della meccanica quantistica (di seguito MQ) non smettono di affascinare scienziati e filosofi fin dai primi giorni della fondazione di questa branca della fisica. Il gatto di Schrödinger è vivo o è morto? Che cosa vuol dire che una particella si trova in una condizione di sovrapposizione? Come è possibile che l’informazione tra quanti si trasmetta a velocità superiori a quelle della luce? Domande ancora presenti, problemi tuttora aperti, alla cui frontiera scienza e filosofia si incontrano e si interrogano reciprocamente.
Un primo grande problema è quello del rapporto tra fisica e metafisica, ovvero: le formulazioni della fisica, espresse come
relazioni matematiche, sono ‘pure’ (riferite esclusivamente all’esperienza) o risentono di costruzioni metafisiche più o meno ‘invadenti’ dalle quali non possono prescindere? La risposta a questa sola domanda richiederebbe uno spazio ben più ampio di quello di una recensione; si può tuttavia considerare una sintesi efficace (anche se non universalmente condivisa, né definitiva – la parola ‘definitivo’ è bandita dal vocabolario della scienza come da quello della filosofia) l’opinione di Einstein al riguardo: “la vera difficoltà sta nel fatto che la fisica è un tipo di metafisica; la fisica descrive ‘la realtà’. Ma noi non sappiamo cosa sia ‘la realtà’, se non attraverso la descrizione fisica che ne diamo” (Lettera di Einstein a Schrödinger del 1935, citata in V. Allori, M. Dorato, F. Laudisa, N. Zanghì, La natura delle cose. Introduzione ai fondamenti e alla filosofia della fisica, Carocci, Roma 2006, p. 13). Per Robert Millikan, premio Nobel nel 1923, “la scienza [...] cammina su due piedi: la teoria e l’esperimento. A volte è un piede ad andare avanti per primo, a volte l’altro; ma un progresso continuativo si ottiene soltanto tramite l’uso di entrambi” (citato in R. Oerter, La teoria del quasi-tutto. Il modello standard, il trionfo non celebrato della fisica moderna, Codice, Torino 2006, p. 138). Ancora per Einstein, non esiste alcuna osservazione senza una teoria che la guidi: “è la teoria che decide cosa dobbiamo osservare” (W. Heisenberg, Fisica e oltre. Incontri con i protagonisti 1920-1965, Bollati Boringhieri, Torino 1984, p. 73). La cosiddetta ‘osservazione’ “è una questione complicata e carica di teoria” (J. Bell, Speakable and unspeakable in quantum mechanics, University of Cambridge, Cambridge 20042, p. 215). E via discorrendo.
Un secondo punto cruciale è quello dell’‘indeterminismo’ (p. 17 passim) che la MQ avrebbe introdotto nella fisica. Per evitare ogni equivoco è bene distinguere il ‘determinismo’ dai suoi parenti prossimi in fisica, la ‘causalità’ e la ‘predicibilità’: la causalità può essere intesa come principio espresso nella forma ‘ogni evento è l’effetto di qualche causa’; si dice invece che una teoria che descrive l’evoluzione nel tempo di un dato sistema S è deterministica quando, dati un certo stato s(t0) di S all’istante t0 e una certa legge dinamica L, lo stato s(t) ad un certo istante t rimane univocamente determinato da s(t0) ed L); infine, la predicibilità è la possibilità di predire stati o valori precisi, nell’ambito del margine di errore fissato, relativi ad un certo sistema (le definizioni sono riprese da F. Laudisa, “La causalità in fisica”, in V. Allori, M. Dorato, F. Laudisa, N. Zanghì, La natura delle cose, cit., pp. 395-428). Secondo queste definizioni, la MQ non è affatto indeterministica: il comportamento dei sistemi quantistici è sempre univocamente determinato nel tempo. Qualche fisico si spinge anzi a dire che, a causa della non-località dell’entanglement quantistico, la fisica è addirittura più deterministica di prima (cfr. ad es. F. De Martini, “Il mondo oggettivo della meccanica quantistica e le leggende dell’ermeneutica”, in «Micromega», 2/2007, Roma, pp. 151-162). Anche qui il discorso potrebbe continuare a lungo.
C’è poi la questione scottante della incompatibilità tra teorie fisiche diverse (come ad esempio la MQ e la relatività generale), entrambe verificate all’interno del loro specifico ambito di applicazione. Problema che spinge Faraone verso il principio di proliferazione di Feyerabend, per il quale “più teorie possono coesistere e perfino integrarsi” (p. 57). Ora, se è vero che, di diritto, il problema rimane aperto (sulla tollerabilità di principio di una tale situazione di incompatibilità all’interno di una scienza che si proclama ‘una’ ed ambisce a diventarlo sempre di più – almeno nella mente di quelli che non hanno rinunciato a cercare una Grande Teoria Unificata della fisica), è anche vero che, di fatto, la scienza accetta e tollera questa situazione, traendone tutto il profitto possibile (non va infatti sottovalutato che le due teorie in questione trovino nuove conferme a ogni passo, e conducono a nuovi progressi teorici e a nuove realizzazioni pratiche). Almeno in questo senso la scienza si mostra dunque incline all’accettazione dell’incompatibilità (ciò che l’autore sembra mettere in dubbio, p. 57).
Questi i principali temi trattati da Faraone, il quale sembra talvolta ‘peccare di entusiasmo’ nel cercare di mettere insieme troppe cose che richiederebbero uno spazio di approfondimento ben maggiore di questo breve saggio (ad esempio la percezione extrasensoriale, cui sono dedicate solo quattro righe); peccato veniale, se si pensa che si tratta dell’opera prima dell’autore. D’altro canto, una bibliografia che prendesse in esame i classici testi di Bohr, Heisenberg, Planck, Schrödinger, Feynman, Bell sulla MQ (e sulle sue implicazioni filosofiche) avrebbe permesso a Faraone di penetrare più efficacemente nel dibattito contemporaneo, tuttora molto acceso, e di evitare qualche conclusione talora un po’ frettolosa.
È infine lodevole l’intento finale di ricordare che l’essere non umano non è solo ragione, né solo filosofia né solo scienza: qui, nell’ambito dell’umano e non della pura teoria (comunque la si voglia intendere), l’incontro tra gli uomini e i saperi può davvero avvenire e portare frutto.

(«ReF-recensionifilosofiche.it» online, ISSN 1826-4654, n° 34, dicembre 2008)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano