
Farinielli e chiachielli, il munaciello e il Sileno (partendo dai testi di Benedetto Croce e Matilde Serao, Charles Dickens e Alexandre Dumas, Franz Kafka e Francesco Mastriani fino a Roberto De Simone e Renato De Falco): ce n’è per tutti i gusti in questo lavoro di Antonella Cilento, finalista al Premio Strega 2014 con Lisario o il piacere infinito delle donne e autrice di svariati titoli di saggistica e di narrativa, della quale abbiamo già avuto occasione di parlare http://www.mangialibri.com/autori/antonella-cilento. Il volume raccoglie le quasi duecento pagine uscite per anni su “Il Mattino”, quotidiano di Napoli con cui la Cilento collabora, diventando un libro divulgativo rivolto a tutti, che si legge con piacere (con meno piacere Maurizio de Giovanni lesse - e da lì scoppio la polemica, poco meno di tre anni fa - il riferimento agli “impiegati di banca, cui spesso [il diavolo] fa credere di essere scrittori” di pag. 91). D’altro canto, la mole dei riferimenti letterari, tanto nel testo quanto nella bibliografia (seguita da un indice dei nomi di otto pagine), rende Bestiario napoletano un’opera scientifica ed è anche per questo che sarebbe stato legittimo aspettarsi una maggiore cura nell’uso del dialetto che rappresenta Napoli, in questo libro come nell’immaginario collettivo, prima di ogni altra immagine o idea. In una pubblicazione che, appunto, basa tutta la propria costruzione sull’esame di singoli termini, si ritrova invece la solita casualità nell’ortografia (e, curiosamente, l’accento grave - ed errato - di “pèrete” al posto di quello - corretto - acuto: “pérete”) e un po’ di approssimazione nell’uso, ad esempio, dell’apostrofo al contrario (‘ invece che ’) a inizio parola. Deludente, in un’autrice e in un editore di questo calibro.
Antonella Cilento, Bestiario napoletano, ed. Laterza, 2015.
(«Mangialibri», 2 febbraio 2018)
