Leggere può far male? Come per tutte le cose, l'eccesso porta fuori strada, e il fine della lettura - nutrire il pensiero - può diventare qualcosa d'altro: anestetizzare la propria capacità critica rendendola dipendente dalle opinioni di altri - gli autori di libri e giornali, appunto - finendo, come rilevava Schopenhauer, per "pensare con la testa altrui, anziché con la propria"...
D'altro canto, leggere è indispensabile, proprio come pensare. Nonostante molti sostengano il contrario - di fatto, con la propria esistenza - pensare non è una velleità, né una possibilità come un'altra per l'uomo, ma un bisogno, "un'urgenza che nasce da dentro e che lo rende strettamente imparentato con il desiderio e che per questo è caldo, ardente, potenzialmente creativo". Ora, anche pensare troppo può far male: la produzione continua, ininterrotta di pensieri (di immagini, di preoccupazioni, di ipotesi) può non lasciar spazio nella mente per la riflessione; oppure, il pensiero può farsi ideologico, aderendo cioè a una dottrina (non importa se filosofica, religiosa o politica) in maniera acritica e integralistica; oppure ancora può rivolgersi unicamente all'ansia di guadagno e di conquista. Ma è proprio in questa dinamica infinita - il bisogno di pensare, da un lato; il suo rischio intrinseco, dall'altro - che si apre uno spazio creativo in cui la vita si fa possibile e diventa umana: lo spazio in cui Ragione e Follia si incontrano e si scontrano - la Ragione con le sue rivendicazioni armonizzanti, tendenti ad andare oltre l'individuo, la Follia, con le sue ambizioni passionali; la Ragione con le sue pretese egoistiche, la Follia con l'apertura spontanea al Tutto - e l'inedito può farsi strada nel mondo e nella Storia.
D'altro canto, si rischia - e tanto - anche a non pensare affatto: si rischia di disperdere l'occasione unica della propria vita in un'esistenza senza senso.
Non c'è bisogno di scomodare i "piani divini" di certe teologie, per capire quale sia la posta in gioco: senza il pensiero, l'uomo rischia di vivere come un ramo trasportato dalla corrente, senza riuscire a imprimere nessuna direzione al proprio essere e senza scalfire la superficie della realtà, che lo contiene, ma dalla quale è dis-integrato: come ospite a un buffet che passa il tempo a ingozzarsi, mentre gli sfugge il senso di ciò che tutti gli altri sono intenti a festeggiare.
In uno studio documentatissimo che attinge alla patristica e alla letteratura classica, alla psicologia e alle saggezze orientali, alla filosofia e alla scienza, alla sacra scrittura e al saggio storiografico, Vito Mancuso ci conduce - con il suo consueto stile scorrevole e discorsivo, ma pieno di inviti all'approfondimento e di seconde letture - a esplorare un nuovo, ineludibile ambito dell'umano: dopo la passione, l'amore, la libertà (il suo precedente è del 2016), è il bisogno di pensare a venir messo qui sotto la lente d'ingrandimento. Mancuso si rivela una volta di più un autore (si vorrebbe dirlo "filosofo", ma lo si evita, memori delle sacrosante annotazioni di pag. 55) che sa mettere insieme, nel modo più fruttuoso, le ultime acquisizioni scientifiche con le più recenti conclusioni teologiche. Non c'è futuro per l'umanità, né vita umana per l'uomo, senza il pensiero. E il pensiero... non si pensa da solo. È un lavoro che tocca cominciare. A tutti.
Vito Mancuso è un teologo italiano. È stato docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano dal 2004 al 2011. I suoi scritti hanno suscitato notevole attenzione da parte del pubblico, in particolare L’anima e il suo destino (Raffaello Cortina, 2007), Io e Dio. Una guida dei perplessi (Garzanti, 2011), Il principio passione. La forza che ci spinge ad amare (Garzanti 2013), Dio e il suo destino (Garzanti 2015), quattro bestseller da oltre centomila copie con traduzioni in altre lingue e una poderosa rassegna stampa, radiofonica e televisiva. Il suo pensiero è oggetto di discussioni e polemiche per le posizioni non sempre allineate con le gerarchie ecclesiastiche, sia in campo etico sia in campo strettamente dogmatico. Dal 2009 è editorialista del quotidiano “la Repubblica”. Dal 2013 al 2014 è stato docente di "Storia delle dottrine Teologiche" presso l'Università degli Studi di Padova.
Vito Mancuso, Il bisogno di pensare, ed. Garzanti, 2017.
(«Filosofia e nuovi senieri», 6 dicembre 2017)
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