Saverio De Marchis ha finalmente guadagnato il posto che gli spetta: è diventato preside del liceo classico nel quale si è diplomato a pieni voti nel lontano 1984. E la sua gioia – mista alla convinzione di esserselo proprio meritato quel traguardo, tanto per il talento quanto per l’impegno – trasuda dal suo discorso d’apertura, che infervora il corpo docente, il quale già guarda a lui come a un innovatore dalle idee chiare che saprà come risolvere i problemi di tutti. Il fervore raggiunge perfino gli studenti, al punto che molti accolgono l’invito a lasciare desiderata firmati che si pronunciano su ambizioni (e deviazioni) personali senza peli sulla lingua. Sembra che le cose vadano mettendosi per il meglio, ma non tutti ne sono convinti e qualcuno non si lascia ingannare dall’apparente scintillio della nuova figura carismatica: tra di essi c’è Furio Longhi, che ha studiato negli anni lontani insieme al nuovo preside e, se proprio dovesse mettersi a raccontare dei tempi andati, non ne verrebbero fuori soltanto rose e fiori; e la vicepreside, Barbara Baldi, anch’ella compagna di classe di De Marchis. Il quale si sta già adoperando affinché gli idilli – veri o presunti – del passato si ripristinino al più presto; nello stesso momento in cui qualcuno sta tramando l’assassinio della sua prima vittima, che arriva con un funesto “Ave Agrippina”…
Angela Capobianchi – autrice non nuova al noir, già vincitrice dei premi Gran Giallo Città di Cattolica e NebbiaGialla, che ha pubblicato con Piemme e vede la presenza di suoi racconti all’interno di antologie date alle stampe da Mondadori – scrive un noir metropolitano che ha a che fare con la storia e la lingua dei romani, che sfrutta l’amenità dell’ambiente scolastico – il vociare dei ragazzi nei corridoi e le ingenuità della gioventù, insieme all’ordine e alla prevedibilità che scaturiscono dalla disciplina e dal metodo didattico – per creare un contrasto netto con la nerissima psicologia del killer (tanto più avvilente quanto più si fa pressante), che uccide in maniera ferina ma spaventa soprattutto per la determinazione e la risolutezza. Sullo sfondo, conflitti irrisolti (e forse irrisolvibili) che fanno capo a De Marchis, al suo passato scolastico e alla morte del padre, imprenditore di successo. Un romanzo godibile che punta più sull’atmosfera e sull’approfondimento dell’interiorità dei personaggi che sul ritmo; un’indagine che si fa intricata non solo nei dettagli materiali ma anche nei percorsi mentali dei tanti coprotagonisti.
A. Capobianchi, La discendenza, ed. Novecento, 2017.
(«Mangialibri», 18 ottobre 2017)
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