«La letteratura e la sociologia condividono il medesimo campo d’indagine, gli stessi temi e gli stessi argomenti, nonché - se non del tutto, almeno in maniera sostanziale - la vocazione e l’impatto sulla società. [...] Letteratura e sociologia si alimentano a vicenda».
«Chiamiamo realtà materiale il mondo del valore di scambio, e cultura tutto ciò che rifiuta di accettare il suo dominio». Con questa definizione dei Minima moralia di Adorno si apre il secondo (e ultimo, per la recente scomparsa del grande Zygmunt Bauman) libro scritto a quattro mani dal pensatore della “società liquida” e da Riccardo Mazzeo, intellettuale che non ha bisogno di presentazioni. La cultura esiste, resiste e si rifiuta di assoggettarsi alla tirannia del mercato (e dei mercanti); non solo e non tanto perché certe cose non possono esser comprate né vendute, ma per scelta deliberata: quello della cultura è il rifiuto aperto e programmatico di quella annichilente reductio ad unum che il denaro continua a portare avanti a suon di offerte speciali, senza preoccuparsi della cenere - in termini umani e sociali - che lascia sulla sua strada.
Un rifiuto necessario: è necessario infatti che qualcuno si soffermi a pensare alle conseguenze dell’avanzata del tecnocapitalismo, foriera di ingiustizia e di veri e propri cataclismi socioambientali sempre più massicci ed evidenti (come l’aumento della temperatura del pianeta, da cui la desertificazione e, a seguire, le migrazioni di massa sempre più imponenti). Un pensiero indispensabile, perché qualcuno deve pur affrontare i problemi che l’economia crea o tollera, arroccata su una posizione amoralistica che vorrebbe astrarsi da qualunque considerazione non numerica, alla pari di quelle altrettanto insostenibili come “l’arte per l’arte” o “la scienza per la scienza”. Ma il mondo è globale ormai, e non si può più perseguire il bene di una parte a scapito delle altre; ogni cosa va pensata nell’ottica di tutti, e del tutto (ambiente compreso). Qui, letteratura e sociologia si trovavano sorprendentemente in sintonia, nel punto in cui la prospettiva va completamente rovesciata: è a partire dalle ricadute sul mondo umano (e, a fortiori, su tutto il resto) che vanno scritte, lette, valutate tanto l’una quanto l’altra. Con il suo consueto taglio pratico, immediatamente concreto (che gli era valso già nel 1989, prima della sua più nota intuizione, il prestigioso Premio Amalfi per la sociologia), Bauman commenta che è criminale «nel caso della sociologia, ribadire che il solo criterio per valutare la presentazione di realtà sociali è quanto fedelmente gli autori si sono attenuti ai metodi d’indagine prestabiliti e approvati»: se il prezzo della scientificità dello studio dev’essere l’insensibilità - o, peggio, la disumanità - be’, tanto peggio per la scienza. Una sociologia che non sia per l’uomo tradisce in nuce la sua vocazione fondamentale. Lo stesso vale per la letteratura. Le quali - se per Mazzeo sono “sorelle” - per il sociologo polacco sono addirittura “gemelle siamesi”, «impossibili da separare per via chirurgica».
“Letteratura”, “sociologia”: parole che possono suonare velleitarie a chi non ne abbia sufficiente consapevolezza, o a chi le snobba di proposito, perché le teme. Vi è posto, in realtà, per cose come queste, quando siamo nel mezzo di una guerra che, lungi dall’essere terminata con la sconfitta del nazifascismo (come Mazzeo ricorda citando il capolavoro di Littell Le benevole), continua con la violenza negli stadi nei paesi cosiddetti “sviluppati”, e con lo sterminio per fame e per malattie curabili di interi popoli nei paesi poveri? A ben vedere, letteratura e sociologia possono - nel loro connubio basato sulla riflessione a tuttotondo sull’umano e sulle sue infinite implicazioni - entrare nel conflitto e aiutare ad estinguerlo, al di là delle chiacchiere. Perché se è vero, come è vero, che l’uomo, più che d’ogni altra cosa, è fatto di discorsi (contrariamente a quanto vorrebbe far credere certa propaganda neuroscientista, l’uomo non è fondamentalmente guidato dall’istinto, ma dal discorso: mangiamo, lavoriamo, pensiamo e speriamo in base a dei discorsi in parte già fatti o anche ritriti, in parte frutto della nostra rielaborazione e prosecuzione personale; finanche l’atto più istintuale, l’accoppiamento, non è guidato affatto da un istinto primordiale, ma noi ci muoviamo e lo portiamo a compimento non solo accompagnandolo con discorsi ma addirittura seguendo quello che abbiamo visto nell’ultimo film, o letto nel romanzo che più ci ha impressionati), allora è tramite la riflessione, e il confronto, che si può venire fuori da qualunque impasse. Anche da quella attuale.
Mazzeo e Bauman, che hanno affinato nel tempo una mirabile una sintonia, consegnano qui (per la prima volta in italiano, nella traduzione di Daria Restani: l’edizione inglese è del 2016) un saggio dotato di una fluidità straordinaria - a dispetto della densità degli argomenti trattati e dell’originalità delle considerazioni: sembra quasi, leggendo, di poterne ascoltare l’armonia, come in una sinfonia ben congegnata in cui il virtuosismo sfuma, senza inceppi, nella purezza della melodia. Un libro che - fra “twitteratura” e musica pop, filosofia (non manca il Camus di «Mi ribello, dunque siamo») e karaoke - riprende, intreccia e sviluppa i percorsi condivisi della letteratura e della sociologia, mostrandone la complementarità e l’irrinunciabilità per tutti, oggi. Può darsi, come si sente dire, che con la cultura non si mangia. Eppure ne abbiamo bisogno più che del pane.
Zygmunt Bauman (1925-2017) è stato uno dei piú noti e influenti pensatori al mondo. A lui si deve la folgorante definizione della «modernità liquida», di cui è stato uno dei piú acuti osservatori. Professore emerito di Sociologia nelle Università di Leeds e Varsavia, tra i suoi libri ricordiamo Modernità liquida (2011) e Il demone della paura (2014). Per Einaudi ha pubblicato Memorie di classe. Preistoria e sopravvivenza di un concetto (1987) e Stato di crisi (2015, con C. Bordoni).
Riccardo Mazzeo, editor storico della casa editrice Erickson, ha tradotto un centinaio di libri da inglese, francese e spagnolo e scrive sulle pagine culturali del «Manifesto». Tra i suoi libri ricordiamo Conversazioni sull'educazione, con Zygmunt Bauman (2011), C'è una vita prima della morte? con Miguel Benasayag (2015), Il vento e il vortice, con Ágnes Heller (2016), Parlare di Isis ai bambini, con Edgar Morin et al. (2016) e Il musulmano e l'agnostico, con Tariq Ramadan (2017).
Z. Bauman, R. Mazzeo, Elogio della letteratura, ed. Einaudi, 2017 [ed. orig. In Praise of Literature, Polity Press, 2016]. Trad. it. di Daria Restani.
(«Filosofia e nuovi sentieri», 20 settembre 2017; «l'Altrapagina», ottobre 2017)
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