giovedì 15 settembre 2016

Wieslaw Kielar, Anus mundi, ed. Gingko, 2016

La polizia li ha appena tirati fuori dal carcere polacco di Tarnov senza nessuna spiegazione, ma fortunatamente sono riusciti a trovare una guardia abbastanza gentile da dir loro che stanno andando in un posto che non è un carcere, dove dovranno lavorare. Poco male, pensano, in fondo è quello che si aspettavano - che forse speravano. Niente è peggio della prigione, pensano anche, neanche quel treno che li sta portando verso una destinazione ignota (la guardia ha specificato che il nome della meta non era autorizzato a rivelarlo). È il giugno del 1940, e stanno attraversando la frontiera del Governatorato generale - quella parte del territorio polacco che si trova sotto il controllo militare dell’occupante tedesco - e il Reich nazista. Infine arrivano in una stazione che ha tutto l’aspetto di essere importante; eppure non ne riconoscono il nome: Auschwitz. Pare che si tratti di una discarica, o qualcosa di simile: almeno così dice qualcuno. Sembrerebbe - per quanto strano - essere il punto d’arrivo, perché li fanno scendere. Quello che sembra veramente incomprensibile è che, d’improvviso, si cominci a gridare contro di loro “Fuori dal treno, pezzi di merda”, spingendoli giù a colpi di fucile sulla schiena: senza nessun motivo, perché nessun stava opponendo resistenza. Cosa sta succedendo? E chi sono quegli uomini dall’aspetto inquietante, vestiti con quel curioso pigiama a strisce?
Anus mundi - “ano del mondo” - è un’espressione coniata nel 1942 da Heinz Thilo, medico delle SS, per descrivere Auschwitz in estrema sintesi. Trent’anni dopo, Wieslaw Kielar - prigioniero ad Auschwith-Birkenau per cinque anni, fino alla liberazione - riprende quell’espressione per farne il titolo della sua opera, che fa venire in mente spesso - per la chiarezza dell’esposizione, per lo stile narrativo scelto, per la puntualità e la vividità dei dettagli e per la profondità dell’analisi - quella di Primo Levi. Un libro eccellente, da consigliare sia a chi intenda affacciarsi oggi al problema di Auschwitz e, più in generale, a quello concentrazionario, sia a chi desideri approfondirli, a partire da una testimonianza oculare di inestimabile valore. Vincitore di due premi letterari nazionali in patria, e bestseller in Germania alla pubblicazione, questo libro si lascia leggere e ricordare anche per la galleria di imprevedibili personaggi presentati, con i loro drammi, il loro genio, la loro capacità di amare e di generare storie d’amore in maniera insospettabile: contraltare a un mondo altrimenti inconcepibile, dove ogni cosa viene indistintamente trasformata in rifiuto (perfino gli uomini e l’umanità stessa che essi portano). Suggestiva la grafica del filo spinato che introduce ogni capitolo, fino a rivestirne la lettera capitale.


Wieslaw Kielar, Anus mundi, ed. Gingko, 2016.

(«Mangialibri», 15 settembre 2016; «l'Altrapagina», luglio-agosto 2017)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano