giovedì 16 giugno 2016

P. Jenkins, La storia perduta del cristianesimo, ed. EMI, 2016

“La salvezza viene dall’oriente”, dice il vangelo. Quello cristiano. Scandalo, pericolo, errore di interpretazione? Forse sì, per certi europei delle radici e dell’identità cristiane. Ma si tratta, banalmente, di un vuoto di memoria: il cristianesimo non nasce in Europa (dove è stato poi importato), bensì in oriente, in quell’oriente medio eternamente insanguinato, ma che ha visto nella storia il fiorire delle più grandi civiltà dell’uomo, una affianco all’altra. E non separate, in “tregua armata”, per così dire: ma l’una dentro le altre, con le più grandi menti della cristianità chiamate dal califfo di Baghdad ad offrire il proprio contributo all’islam, in uno scambio reciproco e fecondo, dimodoché oggi l’occidente della scienza positiva possa andare sulla Luna facendo i suoi calcoli con… i numeri arabi. È solo un esempio di convivenza tra religioni diverse, in particolare tra cristiani e musulmani, che non è stata sempre violenta; né il loro incontro si è sempre rivolto in scontro. I facinorosi ci sono sempre stati, invece, da entrambe le parti; e i popoli hanno conosciuto fin troppe crociate e jihad di cui avrebbero fatto volentieri a meno. Perché i cristiani oggi dimenticano la loro storia? Perché ricordano solo le esperienze negative (innegabili) e non anche quelle positive, tuttora in corso? Di cosa hanno paura i cristiani d’occidente, ansiosi di affidarsi al primo agitatore di folle? Come sta cambiando il cristianesimo?
Philip Jenkins, pluripremiato docente americano di storia e di scienze religiose in Texas e Pennsylvania, i cui lavori sono tradotti in sedici lingue, scrive un’opera da par suo, con un apparato critico imponente e una solida bibliografia. L’esito tuttavia non si distingue per il grado di scientificità, che si dà per scontato; ma per lo sforzo con il quale cerca di portare il risultato dei suoi studi al pubblico amplissimo dei non specialisti. E ci riesce ottimamente, offrendo un volume di grande chiarezza che, partendo dall’esame del contesto geopolitico e della sua evoluzione nella storia, sa calarsi nell’attualità e nei problemi immediati della convivenza tra le fedi, del loro scontro (sempre all’orizzonte; ma sempre evitabile), delle aperture, delle persecuzioni. Mostrando come, in definitiva, i problemi che ci sembrano spuntare oggi in maniera anche sconvolgente (come quello del terrorismo) non siano affatto qualcosa di inevitabile, causato da una fondamentale incompatibilità teorica fra teologie; bensì una deliberata deviazione, funzionale a rivendicazioni estemporanee di supremazia politica. Le religioni possono nascere e morire, come tutto ciò che accade sotto il sole; ma nessuna di esse porta in sé il germe della distruzione delle altre. Un libro che è una boccata d’aria fresca e salutare, all’interno di un dibattito dominato dall’asfissia e dal pregiudizio.


P. Jenkins, La storia perduta del cristianesimo, ed. EMI, 2016.

(«Mangialibri», 16 giugno 2016)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano