martedì 7 giugno 2016

N. Arcangeli, Solo il vento lo ascoltava, ed. Giraldi, 2016

«Il nome di Jan Taroczy portò un carico di pensieri e tristezza cadenzati dal rumore delle onde sullo scafo. "Poveretto. Un attimo c'era, quello dopo, puff andato". Lì per lì nessuno commentò, erano tutti assorti nei propri pensieri. "Credete... credete che quelle cose..." Era Marie. Per quanto fosse graziosa, nel buio della notte il suo pallore l'aveva resa quasi spettrale»

L'inspiegabile. La fatalità. Il complotto. L'esperimento. Il passato, che ti porta via la vita e non torna più. Ma poi invece torna, magari al telefono. Si ha la sensazione che a Nicola Arcangeli non bastino quasi cinquecento pagine a raccontare tutte le sue storie: che appartengono a generi narrativi diversi e che tuttavia - nonostante sembrino talvolta ribellarsi, come bestie inaddomesticabili - vengono ben composte in questo romanzo sui generis che è Solo il vento lo ascoltava. Come rileva Gianluca Morozzi nella Prefazione, Nicola Arcangeli non è etichettabile: qui c'è il noir, il thriller, la spy... ma nessuna di queste categorie esaurisce e ricomprende tutto. Resterebbe da capire se sia, per Arcangeli, la fondazione di un genere nuovo, tutto suo, in attesa di ulteriore definizione; o non piuttosto la ricerca di qualcosa di più specifico, inesausta e non ancora conclusa. Solo la prossima opera potrà rispondere - forse - a questo interrogativo. E il fatto che la aspettiamo, è più eloquente di mille parole.


N. Arcangeli, Solo il vento lo ascoltava, ed. Giraldi, 2016. Con la Prefazione di Gianluca Morozzi.

(«Pagina3», 7 giugno 2016)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano