Genny è bravissimo col motorino: anche se guida solo un modesto “Sì”, riesce comunque a cavarsela alla grande, nel traffico di Napoli, praticando lo slalom come il migliore degli sciatori. Ha sedici anni e un motorino “truccato a regola d’arte”; quello che non ha è tempo da perdere. Perché, nonostante la giovane età, ha già capito che la vita non ti regala niente, e che quello che vuoi te lo devi conquistare. In un modo o nell’altro. Come garzone del bar, finché dura, e finché basta; con qualcosa di “extra”, se c’è bisogno di arrotondare… Irene è una poliziotta che ama correre di prima mattina: non perché le piaccia il sudore - che non vede l’ora di togliersi di dosso con una bella doccia calda che la accarezzi - ma perché quella fatica, nel mezzo della città sonnolenta, le permette di tenere alla larga - unico momento in tutta la giornata - i pensieri. Soprattutto quelli molesti: dalle preoccupazioni per la giovanissima figlia Tania, a quelle di una città nella quale il crimine non dorme mai, come si dice, e come è tanto più vero a queste latitudini. Proprio adesso Irene - mentre è di pattuglia con il collega Papaleo, che è mezzo innamorato di lei, anche se finge il contrario - ha appena avvistato un tossico abituale muoversi in modo sospetto...
L’altra madre è un libro che non delude, anche se per entrare nel vivo dell’azione occorre più di qualche pagina. Lo stile è diretto, come sempre, e pone immediatamente in contatto con la realtà narrata, da quella della Napoli più oleografica a quella del “topo zoccola” che piomba, d’improvviso, nel mezzo della scena. I personaggi sono tutti convincenti - dalla poliziotta con i suoi problemi personali che non vorrebbe portarsi al lavoro, ma che non riesce a scrollarsi di dosso; al ragazzino che non sarebbe cattivo e che brama eternamente una seconda possibilità - e l’azione è serrata quanto basta a tener desta l’attenzione fino all’ultimo. Protagonista fra i protagonisti, il dialetto napoletano, usato qui in maniera pervasiva non solo nel parlato, ma anche nelle descrizioni; il suo uso, caratterizzato da una encomiabile coerenza e da un’attenzione ben superiore alla media, sebbene talvolta discutibile nella forma, è funzionale alla riproduzione di una realtà che l’autore intende rendere fin nel dettaglio più umile e quotidiano, ma significativo: come il botta e risposta tra il barista e il cliente, il rapporto difficile e necessario tra il garzone di bottega e il propietario, l’amicizia spensierata nella quale tutto scivola d’improvviso, quasi senza accorgersene, degenerando nel peggiore dei modi.
Andrej Longo, L’altra madre, ed. Adelphi, 2016.
(«Mangialibri», 27 giugno 2016)
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