Il carattere del detestabile commissario, certo (la banalità dei cui ragionamenti sconfina spesso nel luogo comune e nell’apatia sterile e lamentosa; ciò che non lo rende meno accattivante, tuttavia, proprio come accade ad altri personaggi non dissimili: si pensi all’ispettore Coliandro); e tutto il sostrato del rapporto di coppia perfetto che non esiste, dell’amore vero che sfuma (e si perde) nella confidenza, la stabilità che prende il posto dell’infatuazione… sono questi gli ingredienti - oltre a un intreccio solido e ben cadenzato - dell’ultimo romanzo di Roberto Costantini, le cui opere sono tradotte anche oltreoceano. Ma la vera protagonista è la lingua, un parlato romanesco marcato e pervasivo che strizza l’occhio a Gadda e si accompagna a una ricerca lessicale anch’essa spiccata (dove ad esempio un “gincana”, tanto corretto quanto inusuale, emerge fin dalle prime pagine). Un libro ben scritto, dunque, dallo stile complessivo riconoscibile e interessante. La moglie perfetta è la porta d’accesso “facilitata” per chi si stia chiedendo se valga la pena di leggere anche l’intera Trilogia del Male (premio speciale Giorgio Scerbanenco 2014 quale migliore opera noir degli anni 2000). La risposta non può che essere: “Sì”.
Roberto Costantini, La moglie perfetta, Marsilio, 2016.
(«Pagina3», 6 marzo 2016)
