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«I crimini che cerchiamo di far condannare e punire sono stati così premeditati, così malvagi, così devastanti che la civiltà non può permettersi di ignorarli, perché non sopravviverebbe se dovessero ripetersi»; così ancora Jackson si esprimeva a proposito della politica nazista, mettendo involontariamente a nudo una terribile verità: gli Stati Uniti d’America hanno sempre avuto un atteggiamento scandalosamente bifronte verso il nazismo, condannato senza meno da un lato, tollerato e anzi “perdonato”, per non dire finanche “incentivato” (mettendo in fuga, clandestinamente, tanti gerarchi che altrimenti non ne avrebbero avuto nessuna possibilità; e permettendo che continuassero segretamente la loro attività di propaganda e di riorganizzazione, “alla porta accanto” di tanti cittadini americani inconsapevoli) dall’altro. Ipocrisia che Lichtblau prova a mostrare, facendo emergere un’opera dei servizi segreti deliberata e a tutto campo. Insomma: né un caso, né un’eccezione: il governo statunitense li voleva. Quali fossero i termini dello scambio - ché in circostanze come quelle del dopoguerra, nessuno regala nulla - può solo essere immaginato. Si è sempre data ai Paesi sudamericani la colpa di un asilo politico troppo facilone: ora sappiamo che qualcuno ha fatto anche di peggio, per giunta di nascosto. Una lettura che sarebbe interessante, non fosse per la mole del volume e dell’apparato critico, e per il linguaggio non sempre scorrevole e invitante come si auspicherebbe. Contiene la mappa delle località in cui abitavano i nazisti ufficialmente perseguitati dagli USA.
Eric Lichtblau, I nazisti della porta accanto, ed. Bollati Boringhieri, 2015.
(«Mangialibri», 22 marzo 2016)
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