Qualunque filosofia, scienza o credo, dovrebbe basarsi sull’evidenza. E l’evidenza - attestata dagli studi di Claude Béata, pioniere della veterinaria comportamentista - è quella di un mondo animale che ama - in qualità di soggetto, fino a subirne il più violento contraccolpo emotivo - e che ci mostra che l’ampiezza delle nostre stesse nozioni di “amore”, “affettività”, “emozione” vanno completamente riconsiderate, in una prospettiva non più antropocentrica (soprattutto, non più antropomorfica). Quello che è chiaro, a partire da queste pagine (scritte con uno stile narrativo che non sacrifica alla chiarezza la puntualità scientifica, anche grazie all’ottima traduzione di Riccardo Mazzeo), è che in quest’ambito, fra l’uomo e gli animali si manifesta non già una differenza di qualità, bensì semplicemente (per quanto ampia) di quantità. Conclusione che può recare con sé un disorientamento simile a quello post-darwiniano, forse nuove rivendicazioni di esclusività; ma l’autore sottolinea che non c’è nessuna mortificazione dell’uomo nell’ammettere che altre specie possano vivere al più alto livello dell’emotività, nel bene (la passione) e nel male (l’incapacità di sopravvivere all’essere amato). Il fatto che l’uomo sia unico non significa che debba anche essere solo. Un libro fortemente innovativo, rigorosamente basato sull’esperienza di laboratorio e dei gruppi di ricerca, che apre orizzonti di conoscenza originali e sorprendenti. È soltanto l’inizio.
C. Béata, Anche gli animali amano, ed. Erickson, 2015.
(«Mangialibri», 9 febbraio 2016)
