martedì 9 febbraio 2016

C. Béata, Anche gli animali amano, ed. Erickson, 2015

La prima causa di eutanasia per i cani di un’età inferiore ai due anni è costituita dai disturbi del comportamento legati alla separazione. Separazione da un altro cane, per trasferimento, o per decesso. Un dolore tale da portare alla morte. Morire d’amore: qualcosa che si è sempre pensato di dover riservare alla letteratura e al cinema più romantici… si scopre oggi - grazie ai più recenti e avanguardistici studi di veterinaria comportamentista - doverlo estendere anche agli animali. E in realtà anche questo semplice (ma non innocuo) modi di esprimersi cela un fraintendimento fondamentale e un vizio di forma a monte: di fatto, non si è scoperto che anche gli animali accedono - a loro modo e a loro misura - a qualcosa di tipicamente umano (le emozioni, appunto; l’amore); la scoperta è radicalmente diversa e implica, per così dire, un rovesciamento copernicano del nostro modo di percepire e concepire quest’aspetto: i cani, che non hanno le nostre stesse capacità cognitive (ma noi possiamo dire di possedere le loro?), ci mostrano in mille modi che uomini e animali, visti più da vicino e nella giusta prospettiva, appartengono alla stessa comunità “affettiva” di viventi. Osservare empiricamente i loro comportamenti significa dunque non solo capire meglio il loro più intimo modo di essere, ma anche noi stessi...
Qualunque filosofia, scienza o credo, dovrebbe basarsi sull’evidenza. E l’evidenza - attestata dagli studi di Claude Béata, pioniere della veterinaria comportamentista - è quella di un mondo animale che ama - in qualità di soggetto, fino a subirne il più violento contraccolpo emotivo - e che ci mostra che l’ampiezza delle nostre stesse nozioni di “amore”, “affettività”, “emozione” vanno completamente riconsiderate, in una prospettiva non più antropocentrica (soprattutto, non più antropomorfica). Quello che è chiaro, a partire da queste pagine (scritte con uno stile narrativo che non sacrifica alla chiarezza la puntualità scientifica, anche grazie all’ottima traduzione di Riccardo Mazzeo), è che in quest’ambito, fra l’uomo e gli animali si manifesta non già una differenza di qualità, bensì semplicemente (per quanto ampia) di quantità. Conclusione che può recare con sé un disorientamento simile a quello post-darwiniano, forse nuove rivendicazioni di esclusività; ma l’autore sottolinea che non c’è nessuna mortificazione dell’uomo nell’ammettere che altre specie possano vivere al più alto livello dell’emotività, nel bene (la passione) e nel male (l’incapacità di sopravvivere all’essere amato). Il fatto che l’uomo sia unico non significa che debba anche essere solo. Un libro fortemente innovativo, rigorosamente basato sull’esperienza di laboratorio e dei gruppi di ricerca, che apre orizzonti di conoscenza originali e sorprendenti. È soltanto l’inizio.


C. Béata, Anche gli animali amano, ed. Erickson, 2015.

(«Mangialibri», 9 febbraio 2016)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano