Nella Napoli di fine 1884 i morti non si contano più: non si fa in tempo a raccogliere i corpi che già se ne ritrovano di nuovi, e a decine, a ogni angolo di strada. Non è un killer seriale l’autore di questo scempio; ovvero, si potrebbe dire che è uno dei più temibili: il colera. Nella stessa Napoli, tuttavia, non manca pure il killer seriale: il quale - come se non vi fosse abbastanza tragedia - si accanisce contro delle adolescenti, lasciandone i cadaveri sugli scogli, in balìa delle onde e dei topi. Lo chiamano il “divoratore delle sirene”, e al commissario Veneruso questa storia proprio non va giù: la vita fa già abbastanza schifo di suo, senza che ci si metta un pazzo assassino a peggiorare la situazione. Ma in realtà ciò che gli fa più male è un’altra cosa: quel sadico ne ha già fatte fuori cinque, e lui non è riuscito ancora a prenderlo. Ormai la questione sta per diventare personale: insomma, se lui fosse un investigatore migliore, l’avrebbe già catturato, no? Ma forse una pista si affaccia alle indagini: poiché nessuno si è ancora presentato a denunciare la scomparsa di queste ragazzine, neppure una… è evidente che non può trattarsi di una coincidenza: magari queste giovani sfortunate sono tutte orfane, il che porterebbe al convento di Santa Maria Vergine, a Porta Capuana...
Questo libro si è aggiudicato il Premio Alberto Tedeschi-Giallo Mondadori 2015 con la motivazione: «Con questo romanzo nasce un nuovo, potente personaggio della narrativa gialla italiana: il commissario Veneruso, uomo di saldi principi e mille preoccupazioni, che con il piglio del grande investigatore indaga nei vicoli e nei palazzi sontuosi di una Napoli di fine Ottocento devastata dal colera, seguendo diverse piste parallele che si concluderanno nella risoluzione di un caso difficile e tormentato, che non può lasciare indifferenti. Veneruso per primo...» E in effetti la figura di questo poliziotto colora di sé - e delle sue riflessioni a cavallo tra il pessimistico e il depresso - tutta la narrazione (peraltro ben orchestrata); con una oscillazione continua e avviluppante tra la tentazione di affidarsi a un Dio che vede tutto dall’alto e che “se vuole, può”; e quella di credere, al contrario, che l’unica logica dell’universo sia l’assurdità. Un ottimo esordio (c’è forse un modo migliore che esordire con un Giallo Mondadori?) per Diego Lama, fratello di Diana Lama (la quale, esattamente vent’anni fa, vinceva lo stesso premio in coppia con Vincenzo De Falco); autore da cui è ben legittimo aspettarsi, quanto prima, un vigoroso bis. Il volume si chiude con il racconto “Storia di un’estate romana”, di Marco Minicangeli, vincitore del Premio Grado Giallo 2015.
Diego Lama, La collera di Napoli, ed. Mondadori, 2015.
(«Mangialibri», 18 gennaio 2016)
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