venerdì 2 ottobre 2015
Pro e contro
La tecnologia ha i suoi pregi. Ma porta anche delle conseguenze. Una di esse è la tempesta di mail inutili - quando non perniciose - da cui siamo sommersi: non paghe di dire la propria, non richiesta, tramite i social network, torme di scrittori telematici ci assaltano con le loro esternazioni. La parte del leone la fanno ovviamente quelle della catena di Sant’Antonio, con i loro propositi più o meno edificanti, sempre chiusi da minacce per niente velate (“Se non lo fai, morirari entro sette giorni”; o, quando va meglio, “Gigiolino non ha seguito questo consiglio e dopo due mesi ha perduto le unghie dei piedi”). Altre però nascono, diciamo così, con le migliori intenzioni; e allora, accanto alle riflessioni più o meno estemporanee e inconferenti, troviamo mail come quella che ho ricevuto qualche giorno fa. Titolo: “I vantaggi del portare la propria croce”. Una serie di vignette che raffigurano poveri uomini e donne che camminano nel deserto, ciascuno con la propria croce di legno sulle spalle. Il “protagonista” chiede al Signore di poter ridurre il proprio carico e, un po’ alla volta, la rende molto più corta delle altre. Arriva però il momento di oltrepassare il burrone e, mentre gli altri usano ciascuno la propria croce per passare al di là, lui non può farlo: la sua croce è troppo corta. Conclusione (la riporto testualmente): «Quindi, càricati la tua Croce e rallegrati per il premio. Impariamo a caricare la nostra Croce senza protestare e chiediamo al Signore solo forza per continuare e uscirne trionfanti. Qualsiasi sia la tua Croce, qualsiasi sia il tuo dolore, ci sarà sempre uno splendore, un imbrunire, dopo la pioggia... Forse potrai inciampare, forse perfino cadere... Però Dio è sempre pronto a rispondere alla tua chiamata... Dio ti invierà sempre arcobaleni dopo la pioggia. NON ESSERE EGOISTA! CONDIVIDI… Dio, Padre Nostro, gira per casa mia e portati via tutte le mie preoccupazioni e malattie, per favore prenditi cura e proteggi la mia famiglia. Nel nome di Gesù, Amen».
Ora: sorvoliamo sul fatto che, a dispetto del programmatico “Condividi”, nessuno dei personaggi delle vignette inviti il protagonista a usare la sua croce per passare al di là. E va be’. Sorvoliamo pure sul nietzschiano “Ciò che non ti uccide ti fortifica”. Ma quello che proprio non si riesce a mandar giù è l’invocazione finale a Dio: ma insomma, ce la deve rendere più corta questa croce (allontanando preoccupazioni e malattie)... o ce la dobbiamo tenere ben volentieri lunga, in vista di un’eventuale futura utilità?
Come talvolta accade, siamo di fronte a un cristianesimo che riesce a essere schizofrenico non solo in àmbiti diversi dell’esperienza di fede, ma addirittura all’interno di una stessa mail. E, per colpa di questo cristianesimo, finisce che si parli male del cristianesimo in generale. Avviso a chi non lo sappia ancora: non esiste un solo cristianesimo (e se è per questo nemmeno un solo cattolicesimo) e nemmeno un solo modo di essere cristiani: francescani, benedettini, domenicani, gesuiti, ad esempio, sono molto diversi tra loro, eppure sono tutti cattolici (e chi abbia mai trovato due soli preti perfettamente uguali in materia di fede, faccia un fischio). Avviso ai cristiani schizofrenici: per favore, piantatela di mandarci ’sta roba. Ma non tanto perché non ci piaccia (in effetti, non ci piace), o perché non ci piacciate voi (ehi: a ciascuno il suo): è che, nelle cose che scrivete, non ci si capisce proprio niente.
(«Il Caffè», 25 settembre 2015)
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