Una quindicina d’anni fa, quando lavoravo alla mia tesi di laurea sull’opera di Raimon Panikkar, ebbi la fortuna di incontrarlo alla Bicocca di Milano e di domandargli: «Cosa rispondere a chi sostenga che la scienza è il mito definitivo, oggettivo e onnicomprensivo dell’umanità?» Mi guardò e, senza pensarci neanche un attimo, replicò: «Che non cammina abbastanza». Quella risposta segnò e anzi, più probabilmente, incanalò il mio successivo percorso di studi in direzione della sua epistemologia. Insieme a un’altra: “La cosa in sé non esiste”. La necessità di percorrere in prima persona il proprio sentiero, senza accontentarsi dell’esperienza (e della comprensione, e dell’interpretazione) altrui, da un lato; dall’altro, le relazioni che noi siamo (e non, semplicemente, che “abbiamo”) come fonte di Essere, in senso metafisico, spirituale, esistenziale. Se è vero che Panikkar non può essere riassunto tra questi binari (perché è impossibile riassumerlo tout court), è pur vero che nessun titolo è più felice di quello scelto da Achille Rossi per il suo ultimo libro su di lui: Un percorso condiviso. Che per l’immediatezza con la quale tratta gli argomenti centrali della filosofia del grande pensatore, potrebbe addirittura venir letto come una prima introduzione (o un invito, se si preferisce) al suo pensiero (anche prima del più sistematico e completo Pluralismo e armonia, dello stesso Rossi).
Ma in realtà questo volume, dal sottotitolo Le lettere di Raimon Panikkar - è molto di più. Anzitutto è un’operazione editoriale unica: nessuno, al momento, ha pubblicato documenti di questo livello di intimità. Di conseguenza, in nessun’altra pubblicazione traspare un Panikkar tanto “uomo”, al di là del trattatista che emerge dai suoi capolavori, dell’intellettuale carismatico che parla nelle interviste, del sapiente che riscuote lauree honoris causa e il Premio Nonino “a un maestro del nostro tempo” nel 2001. Qui abbiamo a che fare per la prima volta - e la cosa sorprendente è che questo effetto lo fa anche a chi ha avuto la fortuna di incontrarlo più di una volta, a testimonianza di un rapporto tra Panikkar e Rossi di un’amicizia profonda e fraterna - con un uomo che non ha dovuto affrontare solo i grandi problemi del cosmoteandrismo, ma anche quelli dei rapporti con la gerarchia ecclesiastica, con gli editori, con i colleghi… e con gli amici. E che, anche nel travaglio e, certe volte, nello smarrimento, ha saputo mantenere la più grande lucidità e la più grande unicità; la sua vita e il suo pensiero fanno tutt’uno, e questa unità esprime e testimonia il fulcro della sua mistica: ciò che conta è la Vita. Achille Rossi ci regala una perla di enorme valore che, nella bibliografia panikkariana, è senza meno destinata a restare.
A. Rossi, Un percorso condiviso. Le lettere di Raimon Panikkar, ed. l'Altrapagina, 2015.
(«l'Altrapagina», ottobre 2015)
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