Quando senti dire che “la diversità un ricchezza”, e tutte quelle cose lì… hai sempre la sensazione che ti stiano dicendo una balla. O, quanto meno, che si tratti di luoghi comuni, frasi fatte più o meno edificanti che non hanno niente a che fare con la realtà. Ma insomma: perché si dice “mogli e buoi dei paesi tuoi”? Perché la diversità è un problema, è già difficile avere a che fare con chi ha la tua stessa lingua, mentalità abitudini, figuriamoci che significhi dover interagire con qualcuno con mezzi espressivi, aspettative e forse anche capacità diverse… O forse abbiamo a che fare anche qui con dei luoghi comuni, e - a guardare gli altri da vicino - sono molte di più le somiglianze, che le differenze? Nell’incertezza, a Novellara - in provincia di Reggio Emilia: nel bel mezzo della pianura padana, sì, o se preferite della Padania - si sono messi in testa di verificare direttamente: e adesso la popolazione, 14mila abitanti scarsi, è composta da cittadini provenienti da 185 Paesi, coinvolti in programmi educativi e sociali di ogni tipo, e hanno fatto di questo modello un trampolino per lo sviluppo economico. Come? Lo racconta Raul Daoli, per dieci anni sindaco di Novellara, nel suo La Padania dell’integrazione (ed. EMI), in cui - dati alla mano - spiega quanto sia vera l’equazione “diversità = ricchezza”.
Non che sia vero sempre e comunque. Ma può esserlo: come è stato, ancora, nella provincia di Brescia nel 2011, quando la Val Camonica ha accolto 116 richiedenti asilo presso il residence “Le Baite” di Montecampione. Con quali soldi? Fondi europei del “privato sociale”, grazie ai quali adesso i rifugiati - impegnati nell’agricoltura e nel volontariato - vanno integrandosi sempre meglio nella nuova comunità. Anche quest’esperienza è raccontata - con dovizia di dettagli e richiami normativi - in un libro: La valle accogliente, di Paolo Erba, sindaco di Malegno (BS), Eugenia Pennacchio e Silvia Turelli (ed. EMI).
Qualcosa di cui stupirsi? Be’, di che stupirsi c’è: che queste esperienze siano ancora isolate e dèstino scalpore. Possibile che non abbiamo ancora capito che l’unica balla sia quella degli stranieri che ci rubano il lavoro? La verità è che il lavoro degli immigrati oggi, è quello che ci permette di pagare le pensioni dei nostri genitori. Dovremmo smetterla di stare a sentire i propagandisti di professione, e cominciare a leggere quelli che l’accoglienza l’hanno praticata, e pure bene. Daoli ed Erba qualcosa da dire al riguardo ce l’hanno: ma solo a chi, stanco di tante chiacchiere, vuole partire dai fatti.
(«Il Caffè», 18 settembre 2015)
venerdì 25 settembre 2015
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