venerdì 19 giugno 2015
Stanno arrivando… i napoletani
Rumeno arrestato per spaccio di stupefacenti. Due extracomunitari in stato di fermo per violazione della legge sull’immigrazione. Nigeriano tenta fuga con il motorino, bloccato dai carabinieri. Albanese evade dai domiciliari fa perdere le sue tracce. I nostri giornali traboccano di notizie come queste, di titoli come questi, per la precisione. Non si tratta mai di delinquenti e basta, ma di delinquenti di una certa nazionalità. O al più extracomunitari, usato in senso dispregiativo, come per rendere più elegante il vecchio ma efficace «’e nire». Insomma, il dispregiativo nel gergo giornalistico non è una novità, è anzi una cattiva abitudine che ormai, dopo tanti anni e tanti corsi di formazione professionale, si stenta a credere inconsapevole; più probabilmente è qualcosa di intenzionale volto a creare categorie a rischio.
Mi ha colpito, tuttavia, pur in questo andazzo pluridecennale, leggere titoli come questi: “Caserta, napoletano ruba auto ma viene arrestato da una pattuglia della squadra mobile”; “Caserta, truffatore napoletano arrestato in un condominio mentre chiede soldi”. E non perché io - che sono e mi sento tanto napoletano quanto casertano - mi senta chiamato in causa o ne faccia una questione di tifoseria da stadio: la cosa sembra strana di per sé. E fa pensare.
Perché insomma, tanto per cominciare, quella napoletana non è una nazionalità. Né è una qualità paragonabile all’essere, ad esempio, extracomunitario. Nessun confine statale o giuridico pertiene alla “napoletanità”. Allo stesso tempo, non leggo da nessuna parte cose tipo: “Casertano arrestato…”. Va be’, mi si risponderà, sono i titoli dei giornali di Caserta. D’accordo. Ma non leggo neanche “teramano” o “trapanese”. C’è qualche motivo per cui, a Caserta, i giornali credono che Napoli vada trattata “a parte”?
Ribadisco: non voglio stigmatizzare questo trattamento legittimando gli altri denunciati in apertura: la discriminazione fa schifo sempre, e dovrebbe farne a chiunque. Non è né di destra né di sinistra, né del nord né del sud. Detto questo, formulo un paio di brevi ipotesi. La prima: il razzismo di stampo leghista fa più vittime qui che al settentrione. Ci può stare, e del resto l’Italia è famosa per i suoi tanti passi indietro rispetto ai pochi passi avanti. Oppure, la seconda: Caserta è così provinciale da ritenersi distante, diversa, magari superiore al capoluogo. Dimenticando che - pur non essendo le due città uguali in tutto e per tutto - sono molte più le somiglianze che le differenze: dalla criminalità organizzata alla continua emergenza rifiuti.
Vivo a Caserta da quasi quindici anni e non mi sono mai sentito diverso dai casertani doc; al contrario, mi sono subito sentito accolto e più che integrato, oserei dire: a casa. Ecco perché la cosa mi colpisce e mi stranisce. E ogni volta che mi ricapita non posso fare a meno di domandarmi: «Ma questo giornalista… ’e ddo è?»
(«Il Caffè», 12 giugno 2015)
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