Esistono libri che sembrano scritti già bell’e pronti per diventare qualcos’altro: un film, ad esempio. Questo sembra scritto apposta per diventare un fumetto. Una graphic novel, di quelle a china, scurissime e con i protagonisti sempre a testa bassa. Perché purtroppo - nonostante stiamo parlando di un autore acclamato - siamo di fronte a una storia poco originale (il solito “ultimo lavoro” potenzialmente letale) e a dei personaggi a due dimensioni (dall’approfondimento psicologico talmente scarno che le poche divagazioni in tema di etica - o, addirittura, di metafisica - appaiono stucchevoli). Nessun intreccio per una trama lineare che si mentirebbe a definire noiosa (e si sarebbe ingiusti a dimenticare quanto siano divertenti le rocambolesche acrobazie del protagonista nel compiere missioni impossibili come rubare un plico cucito in un cappotto); ma che, pur suscitando l’interesse, non esalta. Sul versante editoriale, diversi sono i refusi (in un caso c’è anche di peggio: “cechi” invece che “ciechi”). Era legittimo aspettarsi qualcosa di più da un autore pluripremiato in patria che con questo libro (nella traduzione inglese) è stato finalista al “Los Angeles Times Book Prize” 2012.
Nakamura Fuminori, Tokio noir, ed. Mondadori, 2014.
(«Mangialibri», 21 maggio 2015)
