1917: i bolscevichi prendono il potere sottraendolo allo zar, grazie all’appoggio delle masse e alla guida di Vladimir Il'ič Ul'janov, detto Lenin. Qui, con l’indirizzo sapiente e calcolato di Trockij, prende il via un’opera di trasformazione che non si era mai vista prima, con l’obiettivo di portare nel Paese equità e uguaglianza; ma, soprattutto, di traghettare le moltitudini contandine - lo “zoccolo duro” della Russia tradizionalista e arretrata - verso un modello più occidentale (europeo), a base di illuminismo (quella di Marx è all’epoca la più “scientifica” delle filosofie), progresso e industrializzazione. Ma quegli stessi ideali facevano già parte delle intenzioni della fallita rivoluzione del 1905, la quale - a differenza della successiva - non venne mai tradita, per usare le parole dello stesso Trockij…
Qual è stata la vera rivoluzione? Quella compiuta nel 1917, con tutto il suo tragico epilogo totalitario accompagnato dai massacri e dai gulag, o non piuttosto quella del 1905 che, seppur embrionalmente, conteneva in sé il germe di tutto quello che la successiva avrebbe voluto (e dovuto) essere? Ettore Cinnella - storico e docente all’Università di Pisa - racconta quei primi annni del ’900 mostrando lo stato di fatto e l’evoluzione di un mondo che anelava a cambiamenti radicali in tanti àmbiti - politico, sociale, economico - e che sarebbe stato più fortunato, probabilmente, se si fosse potuto dire “buona la prima”, quando non c’era la guerra in Europa a dividere il popolo e a sequestare l’attenzione dell’establishment. Un libro molto ben documentato, scritto con un fruibile stile discorsivo, del quale - per il livello di dettaglio e di intreccio - si potrebbe dire che “si legge come un giallo”. Purtroppo però sappiamo già come andò poi a finire.
E. Cinnella, 1905. La vera rivoluzione russa , ed. Della Porta, 2008.
(«Mangialibri», 8 giugno 2015)
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