Flavio è un fotografo che sta girando il mondo per completare una ricerca per immagini sulle chiese sconsacrate. Si trova a Parigi - ultima tappa - quando riceve la chiamata di suo padre, che gli ingiunge di tornare subito a Milano, dove vive. Sul momento non aggiunge altro, e quasi quasi lui penserebbe di farne a meno: insomma, lui e suo padre si odiano, sono anni che il maturo avvocato pensa del figlio che sia un buono a nulla dedito alla chat in internet tutta la santa giornata; e che il figlio lo ricambia immaginando che qualunque vita gli sarebbe andata bene - anche quella dello straccione - pur di abbandonare il tetto natio e di non seguire le orme professionali paterne. Ma dal tono capisce che c’è qualcosa che veramente non va; e quando arriva a casa è proprio il genitore a dargli la tragica notizia: suo fratello Filiberto è scomparso da quattro giorni e nessuno ha idea di dove possa essere finito…
Diciamo subito una cosa: questo di Pastori non è il noir dell’anno. Di quando in quando emergono piccoli difetti, come quello di cercar di colpire il lettore a tutti i costi - era proprio necessaria la scena iniziale di sesso in chiesa? - o come l’uso del ritrito “era falso come una banconota da 15 euro”. Eppure altre cose rendono questo romanzo apprezzabile e fanno venire voglia di parlarne bene: dalla trovata delle tante leggi internazionali, più o meno inventate, come dichiarato in apertura (come quella per la quale in Texas sarebbe vietato sparare ai bufali dal secondo piano di un hotel), allo stile generale, che rivela un autore maturo, a suo agio tanto con il mood del racconto quanto con i contenuti. La sensazione complessiva è di un’opera perfettibile, ma indubbiamente valida, un noir metropolitano con non pochi momenti di autentica tensione.
F. Pastori, Il vizio di Caino, ed. Novecento, 2014.
(«Pagina3», 4 marzo 2015)
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