Tony Perduto fa il giornalista. E, come tutti i giornalisti, è in cerca del grande scoop. Non che se lo aspetti piovere dal cielo: lui è uno che si alza presto la mattina a caccia di notizie e stamattina, alle quattro e venti, è già in strada. A farsi travolgere dalla bellezza dei Quartieri spagnoli, sempre nuova ogni giorno, nonostante le strade, le saracinesche, le facce siano sempre le stesse. Non tutte però: quest’orso sdraiato a pancia all’aria nel bel mezzo della Speranzella… non si era mai visto. È morto, scopre poco dopo; e, pur volendo sorvolare su come sia potuto arrivare fin lì, il vero mistero è come (e perché) abbia potuto essere ucciso con tre proiettili, di precisione: glielo dice la sua amica Marinella (una di quelle amicizie fin troppo platoniche) che lavora al Policlinico…
Antonio Menna, giornalista napoletano già noto al grande pubblico come blogger, oltre che per il suo precedente Se Steve Jobs fosse nato a Napoli, confeziona un noir interessante e ben scritto, che ha il pregio di preferire un linguaggio parlato, veloce e aderente alla realtà di quello locale, tanto nei dialoghi quanto nelle riflessioni (il protagonista racconta in prima persona), che acquisiscono così un sano tocco di realismo (a scapito qua e là della comprensibilità nel resto d’Italia; ma insomma, non si può pretendere tutto). L’incipit con l’animale assassinato ritualmente come in un regolamento di conti camorristico è originale (meno originale, ma sempre godibile, è l’incursione nei meandri della città sotterranea) e il rapporto del personaggio principale con la sua “amica” è ambiguo quanto basta a stimolare la lettura scommettendo sugli esiti della storia d’amore, oltre che di quella gialla. Un esordio nel noir che fa già pensare al futuro.
A. Menna, Il mistero dell’orso marsicano ucciso come un boss ai quartieri spagnoli, ed. Guanda, 2015.
(«Mangialibri», 10 marzo 2015)
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