«Ieri il campionato ha perso uno dei suoi interpreti più credibili, un campione, e noi abbiamo perduto un fratello che aveva fatto della sua professione una sfida coraggiosa a chi era arrogante, imbroglione e non conosceva la lealtà». «Era il giornalista poeta, lo scrittore che sapeva guardare più all’uomo che all’atleta, miscelando perfettamente nei suoi articoli umanità e cronaca sportiva». «In bilico tra i doveri del testimone e i diritti del protagonista, Camin è stato un caso letterario, per come scriveva e per tutto ciò che circondava il suo pestare Olivetti e marciapiedi». Così - e in mille altri modi - è stato Vladimiro Camin - giornalista, scrittore e poeta (Palermo 1932-Torino 1993) - agli occhi di parenti, amici, colleghi e sportivi. Un uomo che amava veder volteggiare le parole sulla pagina come se si trattasse di una partita di calcio: un invito alla sua generazione di giornalisti a scrivere amando questo mestiere, e un monito alla generazione attuale a non inaridire la purezza e l’eleganza della lingua nel turbine dei tecnicismi e degli strafalcioni a buon mercato di internet e dei social...
Un libro dedicato alla memoria dello scrittore siciliano (e juventino) che ha comunicato a tanti la sua passione per il calcio (e per lo stile: perché una cosa è amare il calcio; un’altra è saperlo raccontare, e farlo bene) dalle colonne di “Tuttosport” e dai tanti libri pubblicati. Con numerosissimi interventi, brani d’antologia, foto di repertorio, lettere vergate a mano, pezzi inediti; qualche imprecisione nell’indice, ma in compenso una passione grande e commovente. Una pubblicazione che ogni amante del calcio juventino - soprattutto se cresciuto all’ombra della Juve di Platini - dovrebbe avere.
R. Beccantini (a cura di), C’era una volta Camin, ed. Bradipo, 2014.
(«Mangialibri», 11 febbraio 2015)
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