Un cattolico vuole entrare in politica. Apriti cielo: come farà a tenere divise Chiesa e Stato? Come farà a mantenere laico il suo impegno, all’interno di un ordinamento che lo pretende? Ci si potrà fidare di lui, o sarà sempre in qualche modo costretto a comportarsi “secondo coscienza” in una maniera inaccettabile per la nostra società civile? Domande certamente legittime, anche se in parte ingenue: si tende ad esempio a vedere come un limite dei soli medici cattolici il rifiuto di prestarsi alle pratiche abortive previste dalla legge, dimenticando che si tratti di una “clausola” del laicissimo giuramento di Ippocrate. Certamente la storia della democrazia italiana ha offerto casi disdicevoli di politica orientata verso un “religioso” male inteso (e discutibile nei suoi proponimenti), ma è sufficiente questo per dire che una politica cristiana sia tout court impossibile?
Lino Prenna, professore universitario di discipline filosofiche e pedagogiche, spiega con una trattazione densa di contenuti - non sempre dalla comprensibilità immediata - che è impossibile separare la religione dalla politica, perché un uomo religioso non smette di esserlo (non potrebbe) solo perché indossa gli abiti del parlamentare (proprio come un medico non smette di avere una sensibilità e una moralità personali, religiose o meno, all’atto di indossare il camice). Al contempo, mostra che questa può essere una ricchezza anziché un vulnus: si può sviluppare la propria azione politica a favore della società e del bene comune, orientandosi alla solidarietà e alla fraternità del vangelo (e non a questo o quel diktat vaticano). Comunità, educazione, cittadinanza, sono le parole chiave di un libro di grande interesse per il futuro della politica nazionale e globale. Con la Prefazione di Giorgio Campanini e la Postfazione di Pierluigi Castagnetti.
L. Prenna, Democratici perché cattolici. Una cultura della mediazione, ed. EIR, 2014.
(«Mangialibri», 13 gennaio 2015)
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