Antonio Marino. Giovanni Pomponio. Pasquale Polverino. Raffaele Iozzino. Girolamo Tartaglione. Sono solo i primi cinque della lunga serie di protagonisti del volume Come nuvole nere. Vittime innocenti, scritto da Raffaele Sardo ed edito da Melampo (con la Prefazione di Paolo Siani). I quali, proprio come tutti gli altri in quella lunga serie, non potranno leggerlo. Perché sono tutti morti. Ammazzati. Dalla criminalità organizzata (diciamo così, perché a volte sembra che tante parole, magari più appropriate, siano abusate al punto che dire “camorra” o “sistema” fa pensare subito ai bestseller o alla televisione). In Campania.
Se vogliamo vivere meglio domani, dobbiamo (nel senso del dovere civico, ineludibile; ma anche della necessità) ricordare cosa è successo loro ieri. Se vogliamo imparare qualcosa dalla Storia, dobbiamo nutrirla delle tante microstorie che l’hanno fatta e che rischiano di venir dimenticate, sotto il peso della propaganda avversa, dell’anestesia del consumismo globale, della valanga di notizie che ogni giorno ci viene rovesciata addosso (e che a volte sembra voler esplicitamente indurci a dimenticare).
Come nuvole nere è un libro per la memoria. Non sulla memoria, che pur va custodita nei dettagli; ma per la memoria, affinché questa si eserciti non solo a ricordare, ma anche a farsi valere nell’ambito di un progetto comune di una società, la nostra, in cui c’è chi pare non farsi scrupolo di uccidere persone innocenti, se questo è utile ad arricchire coloro che vivono di criminalità. Perché c’è chi vive della morte degli altri; e pare che, tutto sommato, la cosa non indigni, non disgusti, non scandalizzi più neanche tanto.
Alffredo Paolella. Nicola Giacumbi. Pino Amato. Pasquale Russo. Mena Morlando. Sono troppi per poterli riportare tutti qui. Ma per ognuno di essi - dalla “ragazza che ballava di domenica” all’“uomo che viveva per la famiglia” - c’è in questo libro una storia da raccontare, da scoltare, da scoprire. Da non dimenticare.
(«Il Caffè», 21 novembre 2014)
venerdì 28 novembre 2014
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