Il lavoro deve essere protetto perché è come l’acqua, come l’aria, è lui che ci tiene insieme e senza non si può vivere
Diego Marani, nel suo recentissimo romanzo Lavorare manca (ed. Bompiani), affronta il tema da tutte queste prospettive; in una narrazione ricca di aneddoti, riflessioni e accenti sulle tante contraddizioni dell’attuale mondo del lavoro salariatoin cui trovano posto pagine sul comunismo, sui Finmeccanica sulla Thatcher (con il suo pessimo e celebratissimo: “La società non esiste”) e perfino su FaceBook. Ma ciò su cui si concentra l’autore è l’ineliminabilità del lavoro: bello o brutto che lo si consideri, senza lavoro non c’è vita umana, almeno non nel senso in cui la intendiamo oggi (e forse ancora più in generale); si può pensare una società senza lavoro, ma in questa in cui viviamo non si può farne a meno. In questa società, chi non lavora non solo non fa l’amore, come dice la canzone, ma smette di appartenere ad essa, diventando un escluso. L’Italia è fondata sul lavoro non solo nel senso delle intenzioni e dei princìpi; ma anche nel senso che - senza il lavoro - è la nazione stessa a venire meno al crescere della disoccupazione. Sta accadendo sotto ai nostri occhi. Il rischio è che neanche ce ne accorgiamo.
(«Il Caffè», 18 luglio 2014)