La storia di Elisa e della sua famiglia è per l’autrice paradigmatica delle conseguenze della mentalità italiana - statica e incapace di correr dietro alle tante nuove opportunità che continuamente sbocciano nel nostro mondo sempre più globale e digitale. Ma a ben vedere questo libro non è altro che la solita favola del self-made man, a cui la “fortuna” non è caduta dal cielo ma se l’è saputa costruire, scegliendo ad esempio la facoltà universitaria giusta, e sapendo approfittare di tutte le occasioni nel migliore dei modi, fino a diventare non più uno che cerca lavoro, ma uno che tutte le aziende vorrebbero. Come a dire: se non riesci a trovare lavoro, creati le tue opportunità e non rompere; se non ci riuscirai, continueremo a ripeterti che è soltanto colpa tua e della tua inettitudine. È il mito del “tutti imprenditori di se stessi” che non cessa di venir propagandato, pur di fronte all’evidenza della propria insostenibilità. Un po’ come quando si dice ai Paesi poveri che sono poveri perché non applicano le politiche liberistiche dettate dall’FMI: poi quelli le applicano e magari peggiorano, al che gli si dice: “Non le avete sapute applicare bene”. Tutta questa retorica dimentica il fatto che il lavoro non dovrebbe essere né una sfida né un gioco al massacro, perché non è una cosa della quale si possa fare a meno: è una cosa necessaria, come l’acqua e il cibo. Parlarne per storielle, fingendo di ignorare che la realtà sia fatta di poche opportunità e di molte persone che non sono tagliate (e non lo saranno mai) per fare gli imprenditori… è impresa miope che finisce per trattare con leggerezza (in senso deteriore) un tema tremendamente serio: appunto, il lavoro.
I. Tinagli, Un futuro a colori. Scoprire nuove opportunità di lavoro e vivere felici, ed. Rizzoli, 2014, pp. 234, euro 18.
(«Mangialibri», agosto 2014; «Pagina3», 19 luglio 2014)
