lunedì 16 giugno 2014

“Sessista”? No, “bullo”, prego

Il bullismo è uno di quegli argomenti purtroppo alla moda che si espandono complicandosi a mano a mano che cerchi di entrare nelle loro dinamiche, nei fatti di cronaca, nei possibili antidoti. Di bullismo (sia dal punto di vista di chi lo subisce; sia dal punto di vista di chi lo perpetra - e dei suoi familiari) abbiamo già parlato su questo giornale (rispettivamente il 1 ottobre 2010 e il 4 maggio 2012). Ma c’è un nuovo tipo di bullismo all’orizzonte, già pronto a mostrare il suo lato peggiore e a far parlare molto di sé: il buillismo sessista e omotransfobico.
Di che genere sei, a cura di Beatrice Gusmano e Tiziana Mancarella (ed. La Meridiana, grande formato, cm 25x23) raccoglie i contributi di dieci autori sull’argomento, per esaminare la questione nei tanti suoi aspetti, dalla violenza in adolescenza agli stereotipi di genere, con un taglio pratico basato su un linguaggio chiaro e sulla presenza di un glossario finale e di schede utili al lavoro di gruppo.
Come si può definire, oggi, il bullismo? La risposta di Giuseppe Burgio, autore del primo dei saggi che compongono il volume, è la seguente: «La vittima [delle prepotenze dei compagni] viene deumanizzata, umiliata ed emarginata, viene considerata meritevole delle soperchierie perché ridotta a soggetto senza valore. È una situazione pesante in cui la vittima viene brutalizzata da un gruppo di pari che la terrorizza a tal punto da farle credere che, paradossalmente, è lei la colpevole e che la costringe a non raccontare a nessuno la sua esperienza, per la vergogna. Questa realtà - il bullismo - appare come una violenza di massa che mortifica, gridando: tu sei sbagliato!».
Va da sé che questa pressione si esercita più facilmente sul più debole, tra cui fatalmente il “diverso”: il povero, il disabile, il gay o la lesbica. Diversità considerata talmente “evidente” che l’atto bullistico pretende di ammantarsi perfino di una propria legittimità. Ma queste analisi - così come quelle sui motivi dell’omofobia - da sole non bastano; occorre una pratica scolastica, di gruppo, sociale ben indirizzata. Questo libro si rivolge dunque a tutti quegli educatori che condividono l’idea che soprattutto in questo ambito prevenire sia meglio che curare. Corredato da un ampio repertorio di materiali didattici per il lavoro in classe.

(«Il Caffè», 13 giugno 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano