lunedì 9 giugno 2014

Noi vogliamo tanto bene/2

A gennaio (cfr. «Il Caffè», n. 2), colpiti dai tanti titoli in tal senso, parlavamo di quanto fosse strano che ogni volta, in occasione di un incidente, si leggesse: “Ferito finanziere”, “Morto carabiniere”, “Coinvolto poliziotto”, mentre nessuna traccia vi fosse della professione di tutti gli altri. Non abbiamo mai letto infatti, scrivevamo, “Morto falegname durante una rapina a Bari vecchia”, oppure: “Grave incidente stradale: fabbro vicentino in fin di vita”.
La situazione da allora non solo non si è chiarita, ma è peggiorata. Oggi leggiamo - non su un oscuro foglietto di provincia, ma niente di meno che su «Il Mattino» di Napoli: “Benevento, ubriaca alla guida travolge tre auto in sosta”, seguito dal sottotitolo “Romena positiva all'alcol-test. Tra le vetture danneggiate anche quella di un maresciallo dei carabinieri”.
Già in sé il fatto che un carabiniere sia stato coinvolto in un incidente stradale non ha rilevanza intrinsecamente maggiore che se il fatto fosse accaduto, diciamo, a un circense o a un arrotino. Ma addirittura riportare - e in evidenza - che tra le auto coinvolte c’è anche quella di “un maresciallo dei carabinieri”, sembra veramente al di là di ogni umana intellezione.

Una volta faceva notizia se un gendarme si faceva male. Ora fa notizia anche se a farsi male… è solo la sua auto

Chiariamo da subito che non si tratta di una prerogativa del quotidiano partenopeo: il fenomeno investe tutti i periodici, i tg e i radiogiornali d’Italia. Ho valutato al riguardo alcune ipotesi. Chi scrive queste cose:
1. vuole essere ironico: sono io che non colgo mai la battuta;
2. non fa distinzioni in base alla professione: tutte le professioni sono uguali, è solo che alcune sono più uguali delle altre;
3. non fa alcuna distinzione in base alla professione: solo che quando l’interessato non porta la pistola, si dimentica di indicarla;
4. è un ex graduato nel cui animo, talvolta, la nostalgia e lo spirito di corpo prevalgono sul buon senso;
5. crede che a noi - se la cosa riguarda un carabiniere, e non chiunque altri - ce ne freghi qualcosa. Siccome noi non sappiamo quale di queste ipotesi sia quella giusta, e siccome sulle prime quattro non possiamo intervenire, nel remoto caso in cui si trattasse della quinta vorremmo dire: “Signor titolista (o giornalista, speaker, ecc.), a noi del fatto che si tratti dell’auto di un carabiniere, anziché di un qualunque altro uomo dedito al lavoro in questo paese, non ce ne frega proprio niente. Per favore, La smetta. Questa continua insistenza, priva di qualunque giustificazione, comincia a darci sui nervi. Ma soprattutto, signor titolista, vorremmo dirLe che per noi un carabiniere non è più importante di un salumiere; e il fatto che si insista così spesso ci fa temere - ahinoi - che Lei dia più importanza agli uni che agli altri solo perché quelli sono armati (perché se il motivo fosse, ad esempio, la sicurezza, la vedremmo parlare altrettanto spesso di protezione civile e vigili del fuoco, cosa che Lei invece non fa).
Basta con la retorica militarista; basta con il culto delle armi e con l’ossequio alla divisa. Veramente non ce la facciamo più. Noi vogliamo tanto bene alla polizia italiana e a tutte le altre forze dell’ordine. Cercate di non farcele schifare.

(«Il Caffè», 6 giugno 2014)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano