Ultimamente si sente parlare di economia in maniera un po’ meno matematica (e fatalista) e un po’ più etica (e possibilista). Come se, in un certo senso e in qualche misura, l’economia stesse effettuando un recupero di quella filosofia morale dalla quale è nata ai tempi di Adam Smith (stiamo parlando di meno di due secoli fa; val la pena ricordarlo, per ricordare al contempo che l’economia non è affatto una “legge di natura”, ancestrale e immutabile, bensì un’invenzione umana in evoluzione, peraltro giovanissima).
C’era una volta la crisi. Un Paese in emergenza - Le ragioni per sperare, di Leonardo Becchetti (ed. EMI), comincia con questa riflessione: nel momento peggiore, cioè quello della crisi, ci rendiamo conto che senza “capitale sociale” (senza cioè quelle norme morali e sociali, soprattutto non scritte, che caratterizzano e permettono la convivenza degli uomini) il sistema socioeconomico - quello che ha preteso finora di regolarsi da solo, senza regole - è destinato ad autodistruggersi, trascinando con sé il destino di milioni, per non dire miliardi, di uomini. Eppure, scrive l’autore, «il progresso verso una felicità sostenibile è a portata di mano»; basta saper agire efficacemente in tre direzioni: il voto con il portafoglio, la riforma della finanza e l’inversione del declino nel nostro Paese.
Inversione del declino significa provare ad agire efficacemente nel contrasto alla corruzione e all’evasione fiscale, puntando sull’efficienza della P.A. (anche tramite la cosiddetta “Agenda Digitale”) e riducendo i ritardi nei pagamenti; e significa investire di più nell’istruzione e nella ricerca, potenziando al contempo la giustizia civile. Operazioni difficili ma non impossibili, la cui strada è stata tracciata secondo Becchetti dall’esempio di Mario Monti, che ha ridato prestigio alla reputazione internazionale dell’Italia e Mario Draghi, che ha saputo guadagnare la BCE alla causa del contrasto alla speculazione.
La lotta alla cattiva finanza può sembrare utopica, data la sproporzione del rapporto di forza (i cittadini, da un lato; le banche d’investimento, dall’altro) ma che trova semi di speranza in tante iniziative, piccole e grandi, che pian piano prendono corpo (come ad esempio le proposte di legge per la tassazione delle transazioni finanziarie, al vaglio in Italia e in Francia).
Ma ciò che più ci riguarda da vicino è il “voto con il portafoglio”, cioè la possibilità che abbiamo in quanto consumatori di influire sulle scelte politiche ed economiche tramite il nostro modo di acquistare. «Ogni volta che consumiamo e risparmiamo - dice l’autore - stiamo votando». Stiamo cioè contribuendo ad orientare la produzione, magari stando attenti a premiare la resposabilità sociale, ambientale e d’impresa.
Insomma, resta sempre la speranza, dice Becchetti: la speranza che possano farsi avanti, in questo nostro millennio giovane e già stanco, le nuove energie della partecipazione della testimonianza.
(«Il Caffè», 21 febbraio 2014)
martedì 25 febbraio 2014
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