sabato 2 novembre 2013
Priebke
Accade ciclicamente che chi ha passato la vita a disprezzare gli altri (un gruppo, una “razza”, un popolo) finisca poi disprezzato da tutti, soprattutto in morte: sembra una curiosa forma di ironia della sorte, ma è semplicemente che una verità storica che molti non hanno ancora appreso.
Così accade che Erich Priebke - protagonista durante la Seconda guerra mondiale dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, dove vennero trucidati 335 italiani che non avevano nessuna colpa - muoia a Roma, dove si trova agli arresti, e nessuno voglia celebrare il funerale, né accoglierne la salma: l’Argentina e la Germania fanno a gara a chi dichiara prima e più esaustivamente che non permetterà l’ingresso del corpo dell’ex-capitano sul proprio territorio; la diocesi di Roma annuncia che negherà la disponibilità delle proprie chiese; i sindaci di Roma e di Albano laziale (dove poi il funerale è stato effettivamente celebrato) sollevano le braccia e cercano di tenersi alla larga il più possibile dalla faccenda. In questo marasma, l’avvocato difensore del nazista (cui non si addice qui l’appellativo di “ex”: Priebke non si è mai pentito del crimine commesso, né ha mai invocato il perdono delle vittime), parla di “diritti” del detenuto e di “doveri” delle istituzioni, ma nessuno sembra ascoltarlo; il figlio dell’ufficiale fa sapere dall’Argentina che la salma, per quanto lo riguarda, possono anche seppellirla in Israele (più che una provocazione, sembra una stupidaggine gratuita; nemmeno fa ridere, ché se no sarebbe una battuta, per quanto inopportuna - si può giustificarlo solo immaginandone il dolore per la perdita dell’amato padre). Poi lo spettacolo indecente dei neonazi che salutano il defunto col braccio teso (certa gente non rinsavisce mai: ma lo volete capire o no che quel tizio ha ucciso a sangue freddo i vicini di casa dei nostri nonni?); e quello ancora più indecente, se possibile, della gente che prende il feretro a calci e pugni.
Parlando di indecenze, non potevano mancare le dichiarazioni dei nostri politici: per non tirarla in lungo (ce ne sarebbero da raccontare), ci soffermeremo solo su quella del Presidente della provincia di Salerno, Antonio Iannone (Fratelli d’Italia), che raccoglie in poche battute una tale quantità di perle che sembra di stare alla pesca delle ostriche e che esordisce con: «Che Guevara è stato un macellaio peggiore di Priebke». Che c’entra Che Guevara? verrebbe subito da domandarsi (e ti viene istintivamente da pensare ai bambini: tu li rimproveri, e loro ti rispondono accusando te a loro volta, con il ricordo di una cosa completamente avulsa che è successa cent’anni prima, come se si trattasse di un argomento a loro discolpa). Ma lui incalza: «Priebke non è stato l’unico macellaio del ’900». E tu leggi e pensi: “oddio, se si mette a elencarli tutti, quando avrà finito mi toccherà comprare un nuovo calendario”. Segue l’analisi, con tanto di citazione delle fonti storiche: «ieri sera ho visto un documentario e lì ho capito che Che Guevara è stato anche peggio di Priebke». (Fammi capire: se ieri sera avessero dato un documentario su Pacciani, avresti commentato che Priebke era meglio del mostro di Firenze?). Conclude con una condanna politica secca: «mai più né nazismo né comunismo». Ma forse un po’ di sano fascismo dei bei tempi andati non gli dispiacerebbe. Che Guevara e Priebke, santi numi, dovevo per forza sentire pure questa? È proprio vero che alcuni non perdono mail il vizio di fare, d’ogni erba, un fascio.
(«Il Caffè», 2 novembre 2013)
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