“La scuola come la vita”: espressione stereotipa che nell’ultimo lavoro di Marco Lodoli si fa riflessione sulla decadenza della società italiana (e della civiltà occidentale), e parallelamente su quella della scuola, un tempo costruttrice di cultura e oggi ricettacolo dei tanti cattivi esempi che dalla politica, dai media, dall’economia filtrano fino alle giovani generazioni, infettandole anzitempo.
Vento forte tra i banchi è una sorta di diario o, se si preferisce, di meditazione sulle difficoltà che l’insegnante incontra quotidianamente con i ragazzi: maleducazione, indifferenza, superficialità. Cose di sempre? È probabile; ma che si presentano oggi in maniera nuova, chiamando a nuove sfide il docente, il quale si trova di fronte a ragazzi che non solo hanno i problemi tipici degli adolescenti di sempre (come l’irrequietezza e l’incontrollabilità), ma che hanno in più tutte le difficoltà tipiche di quest’epoca (come il sempre più diffuso deficit di attenzione: sono tantissimi i giovani incapaci di seguire il filo di un ragionamento e di mantenere la concentrazione per più di pochi minuti - non riescono neppure a vedere dall’inizio alla fine un film al cinema o una partita in televisione). Riflesso delle difficoltà che i ragazzi vivono per primi sulla propria pelle, disillusi - ancora minorenni - nei confronti della vita e della mobilità sociale, che vedono sempre più come un inganno e un’illusione. Soprattutto in periferia, dove Lodoli insegna, gli studenti - per molti dei quali la scuola sporca è scalcinata è comunque una reggia nei confronti della casa popolare in cui vivono - sanno già che il futuro appartiene a quelli che hanno i soldi e le conoscenze, mentre loro non ce lo avranno mai. La stessa parola “meritocrazia”, tanto sbandierata oggi quasi fosse un sinonimo di ”giustizia”, è per loro null’altro che un modo per tagliare fuori quelli come loro: loro che, al fondo della scala, non potranno mai “meritare” la vita più di quelli che, in cima alla scala, ci sono nati.
L’autore, pur partendo dalle difficoltà oggettive - come la mancanza di carta igienica e di quella per le fotocopie - non rinuncia all’idea di una scuola pubblica che “ce la può fare”, e che sola può continuare a trasmettere le idee di solidarietà e di destino comune che rendono forte e degna una società. Tra i racconti delle tante carriere bruciate in mezzo agli insuccessi scolastici, dei piccoli e grandi trucchi del mestiere, delle frustrazioni quotidiane ma anche delle soddisfazioni e delle gioie improvvise e folgoranti, Marco Lodoli invita studenti e insegnanti a riprendersi la “loro scuola”, per farla tornare ad essere quel prolungamento della famiglia e della società votato alla realizzazione del comune progetto di crescita e di cittadinanza. La scuola per la vita: un’occasione di crescita, e pubblica. Cioè di tutti.
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