sabato 12 ottobre 2013

Ritratti: Eugenio Scalfari

Lo ami; o lo odii. Come tutti i grandi, Eugenio Scalfari suscita reazioni forti e contrastanti. Certo, non si vorrà paragonarlo qui a Cesare o a Voltaire; ma il fondatore ed ex direttore di «Repubblica» resta comunque uno che con la sua penna ha influenzato mezzo secolo di vita italiana.
Quindi è ovvio che abbia dei detrattori. Fra i tanti, uno si distingue sia da quelli ideologici (che lo detestano per partito preso) sia da quelli generici (abituati a farsi simpatie e antipatie in base al tono della voce, al colore della barba, al tipo di montatura degli occhiali): è Francesco Bucci, che nel suo ultimo Eugenio Scalfari (Società Editrice Dante Alighieri) lo definisce, nel sottotitolo, l’“intellettuale dilettante”.
Definizione che potrebbe perfino non dispiacere a Scalfari, che ha sempre definito il giornalista come un “dilettante di professione”, consumato non nell’approfondimento specialistico di singole tematiche bensì nel rendere semplici - a beneficio del lettore - tutte le cose. Ma certo non gradirebbe la critica acuminata e puntualissima che Bucci rivolge ai suoi sei libri, tramite una vivisezione testuale accurata e dotta, che non molla la presa un solo attimo e riesce completamente a centrare l’obiettivo: demolire la figura dello Scalfari-saggista, mostrando la debolezza dei tanti passaggi nei quali si avventura sui sentieri impervi della fisica, della filosofia, della psicologia.
Enorme ad esempio la cantonata presa sull’«Espresso» del 20 ottobre 2011, quando scrive a proposito dell’unificazione tra la relatività generale e la meccanica quantistica (che però non è mai avvenuta). Così come gratuita appare l’affermazione per la quale la teoria dei quanti “conferma” l’epistemologia kantiana. A leggere il libro di Bucci si ha l’impressione che i tanti volumi di Scalfari siano disseminati di considerazioni errate, fuorvianti o banali. È vero d’altro canto che lo “scantonamento” (quel vizio inguaribile di chi scrive di occuparsi irrefrenabilmente di ciò di cui capisce poco o niente) è malattia cui nessuno è immune: lo stesso Bucci finisce per cascarci a sua volta nel criticare l’affermazione di Scalfari per la quale «per 25 secoli l’uomo occidentale ha pensato più o meno allo stesso modo di Platone». Non è vero infatti che Aristotele abbia “confutato” Platone (come l’autore sostiene a pag. 16): non esistono confutazioni in ontologia. Oltretutto quella frase - già resa celebre da Heidegger Whitehead[*] (per il quale tutta la filosofia occidentale è una nota a margine del pensiero di Platone) - è di una evidenza disarmante: ancora oggi si uccide in nome dell’Idea, ritenendola più importante e perfetta della vita dell’uomo.
Ora: Scalfari ha peccato di dilettantismo non una, ma ben sei volte, come Bucci sottolinea citazione dopo citazione, per concludere stizzito che «ad un tale “intellettuale universale” Mondadori ha recentemente dedicato un Meridiano, collocandolo così fra i più grandi scrittori di tutte le epoche, assieme a [...] Marcel Proust e Franz Kafka». Ma non c’è bisogno di essere Proust o Kafka per essere grandi. Ed Eugenio Scalfari un grande giornalista certamente lo è stato.

(«Il Caffè», 11 ottobre 2013)

[*] Ringrazio lo stesso Bucci per la segnalazione dell'imprecisione, dopo la pubblicazione.

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano