venerdì 5 luglio 2013

Una storia vera


È difficile resistere alla tentazione di raccontare una di quelle storie che hanno il fascino del “realmente accaduto” unito all’inverosimiglianza tipica di quelle inventate. Non ne vorrò a nessuno se non potrà credere a quella che sto per tirar fuori: avrei reagito anch’io così se non l’avessi appresa di prima mano - e proprio mentre avveniva - da una mia collega, nella veste di protagonista.
Provincia di Napoli nord, al confine con Aversa. Una donna scende di casa la mattina per recarsi al lavoro e non trova più l’auto. Non ancora del tutto sveglia, pensa subito: devo averla messa da qualche altra parte. Forse è in garage. Mia figlia l’ha spostata. Ma dopo pochi secondi di riflessione e un paio di telefonate, la cosa si chiarisce: l’hanno rubata.
Il marito della figlia (abitano con lei) prende in mano la situazione: comincia ad andare in giro nelle vicinanze, chiede informazioni, poi si decide ad andare “alla fonte”, perché gli hanno fatto capire senz’ombra di dubbio che non può esserci che un’unica spiegazione, la solita: lo chiameremo “Tonino”.
L’uomo va da Tonino e - dopo un po’ di tira e molla - chiama la suocera: tutto a posto, l’auto è “viva e vegeta”, si può anche riaverla. Ci vogliono 1.000 euro. Sono le 11 del mattino. La donna ascolta, parlotta con i colleghi - chi preoccupato, chi sbalordito, chi divertito - quasi a chiedere un consiglio, o un conforto. Poi esce e torna in ufficio dopo un’ora. “Tutto a posto?”, le chiedono. Ma no, non è andata a riprendersi l’auto, è andata invece da un nipote, uno di quelli che hanno gli “agganci giusti”, non so se mi spiego, ci parla lui, vede di tirare un po’ sul prezzo. Il genero, intanto, va ad alzare la saracinesca della sua ferramenta: è quasi mezzogiorno.
Dopo un po’, arriva una telefonata: è il nipote, il prezzo è sceso a 500 euro, meno di tanto non si può; insomma, il ragazzo (Tonino) ci ha lavorato. Si accordano. La signora va a recuperare l’auto. Sul posto c’è il nipote, c’è il genero - che frattanto ha chiuso di nuovo la bottega - e c’è Tonino, che sta facendo vedere ai due uomini come mettere in moto con un cacciavite (si capisce: il quadro dell’accensione è stato divelto la notte precedente). La donna dà i soldi a Tonino, chiedendogli se la chiavetta dell’antifurto satellitare funzioni ancora o se vada sostituita. “Non serve più”, le risponde Tonino, “l’antifurto l’ho buttato via”.
A pratica chiusa lei chiede a Tonino perché proprio la macchina sua. “Era mezzanotte passata - fa lui - mi stavo ritirando a casa e l’ho vista lì, per strada...” Eppure c’è un po’ di risentimento nelle parole del giovane. “È che avevamo detto 1.000 euro, non 500. Cioè, ho perso 500 euro”. C’è un po’ di silenzio, un po’ di imbarazzo, nessuo ribatte nulla, in quella specie di atmosfera amichevole e collaborativa che si è creata. “Non ho il ventilatore - conclude -. Mi serve un ventilatore”. Al che il genero fa - e sembra quasi naturale: voglio dire, nessuno nota la stonatura - “dopo passa in negozio e te lo vieni a prendere”.
Succede oggi - non proprio a Caserta - ma a tanto così dalla nostra città. Domani, spero di no, capiterà a me, Mi aspetto che il Tonino di turno mi dica, mentre mi allunga un buffetto sulla guancia: “ma oggi, con 500 euro, che ti compri?”

(«Il Caffè», 5 luglio 2013)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano