sabato 29 giugno 2013

Il prezzo della libertà

Il 13 maggio Vernon Bowman, coltivatore dell’Indiana, è stato condannato dalla Corte suprema statunitense a pagare alla Monsanto - nota multinazionale agroalimentare - la cifra di 85mila dollari. La colpa di Bowman? Aver ripiantato, dopo il raccolto, i semi di soia transgenica prodotti dalla Monsanto, pratica esplicitamente vietata dalle condizioni contrattuali (a norma di tali condizioni, infatti, i semi vanno acquistati nuovamente ogni anno: è così che la Monsanto garantisce il proprio profitto).
Il solito caso di abuso del proprio strapotere da parte di aziende multimiliardarie ai danni di cittadini inermi? Certo, ma non solo. Stavolta, a dirla tutta, mi sento proprio di stare dalla parte del giudice. Perché la verità è che Bowman non ha subito un abuso; anzi, ne ha commesso uno. Non siamo infatti di fronte a una multinazionale che espropria la terra ai contadini che ci vivono da dieci generazioni; siamo di fronte a un imprenditore che è andato spontaneamente a firmare un contratto (senza che vi fosse alcun bisogno di fare ciò) e poi ne ha violato le condizioni.
Bowman infatti non era costretto a comprare i semi della Monsanto, per il semplice motivo che i semi geneticamente modificati (cosiddetti OGM)... non servono a niente. I semi prodotti dalla natura (quelli della soia, nella fattispecie) sono perfettamente adatti alla coltivazione. L’unico motivo per cui certi contadini decidono di acquistare OGM è che questi garantiscono una produzione maggiore.

La scelta degli OGM consegna gli agricoltori nelle mani delle multinazionali. Meglio il profitto, o la libertà?

Chiaro? Non sono migliori per la salute (anzi, non siamo ancora ben consapevoli dei rischi che possono comportare), non sono più buoni, sono semplicemente di più. Resistono meglio agli erbicidi o ai parassiti, quindi garantiscono raccolti più abbondanti. Tutto qui. È la logica del cancro - malattia simbolo della nostra epoca - cioè la logica della produzione illimitata, che si estende a tutti i livelli e a tutti gli ambiti: dalla produzione al profitto, con le conseguenze che conosciamo.
Alla fine mi dispiace per il signor Bowman, che ha imparato a proprie spese il valore della libertà: era un uomo libero e ha voluto legarsi mani e piedi a una multinazionale. Quanti anni di produzione “aumentata” gli ci vorranno per ammortizzare la spesa impostagli dal giudice? Ognuno fa i suoi conti come preferisce. Colgo solo l’occasione per segnalare che a Santa Maria Capua Vetere si è aperto, il 7 luglio dell’anno scorso, uno stabilimento della Coop: a giorni festeggeranno il primo compleanno. Non lo scrivo per sponsorizzare il marchio: non intendo dire che la Coop sia commercialmente o addirittura moralmente superiore ad altri marchi. Lo scrivo per evidenziare che la Coop ha fatto da sempre la scelta di dire no agli OGM, su tutti i suoi prodotti. Può piacere o non piacere, ma è una cosa che fa la differenza.

(«Il Caffè», 28 giugno 2013)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano