Mille cretini, di Quim Monzò, è un libro che si può scegliere per diversi motivi. Per il fascino irresistibile del titolo, certo; per i colori della copertina e per la bella edizione Marcos y Marcos, anche; o magari perché, come nel mio caso, si ha un debole per gli imbecilli e si sogna spesso di farne una strage (cfr. “La strage degli imbecilli”, «Il Caffè», 2 ottobre 2009).
Un libro divertente, senza dubbio. Leggi e non puoi fare a meno di domandarti: ma come si può essere così cretini? Leggi storie di giovani e di vecchi, di uomini e donne, di familiari e di sconosciuti, di amanti e vedove che si arrabattano nel tentativo di puntellare le loro vite pericolanti, finendo per farlo sempre nel peggiore dei modi e ti domandi: come si può essere così cretini, in tante maniere diverse?
Ma Mille cretini è anche un libro che che colpisce a tradimento. Perché quando ti addentri nella lettura ti rendi conto che l'inadeguatezza dell'uomo può essere talmente ampia, diffusa, quotidiana che cominci a sospettare di esserti trovato anche tu in certe situazioni, magari facendoci una figura peggiore; e improvvisamente ti vergogni di quella volta che non sei stato all’altezza, o che hai commesso quella imperdonabile assurda sciocchezza (“ma come mi è venuto in mente?” A ripensarci non ti riconosci neanche) e disperi di un riscatto (è già stato difficilissimo prendere consapevolezza, figuriamoci).
Mille cretini è un libro che reca una notizia buona e una cattiva. Quella buona è che potremmo essere, oggi stesso, meno stupidi, meno inadeguati, meno meschini di quello che siamo. La notizia cattiva è che i cretini sono più di mille: molti, molti di più. Per cui tocca armarsi di pazienza. O di un bastone bello nodoso.
(«Il Caffè», 5 aprile 2013)
venerdì 5 aprile 2013
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