martedì 2 aprile 2013
Guerra e pace/3
Trina McDonald e Tia Christopher hanno qualcosa in comune. Sono entrambe donne, certo. E americane. Il nome di entrambe inizia con la lettere T e tutte e due fanno parte della Marina militare statunitense. Ma qualcosa in più le accomuna, a tutt’altra profondità: le due giovani soldatesse sono state violentate ripetutamente dai loro stessi compagni d’armi. Come loro, almeno altre 3.000 militari hanno subito la stessa sorte, non solo nella Marina ma anche nell’Esercito, nella Guardia costiera, tra i marines: più precisamente, tremila è il numero delle donne coraggiose, come Trina e Tia, che hanno scelto di denunciare l’accaduto. Ma si calcola che il numero sia almeno cinque volte più elevato.
Perché non è facile denunciare i colleghi, soprattutto dopo aver visto com’è andata alle altre. Valine Demos, dopo lo stupro di gruppo, si è ritrovata incinta e con la gonorrea; Lee Le Teff è stata minacciata con una pistola alla testa prima della violenza. Gli esempi si potrebbero moltiplicare (e l’ha fatto il regista Kirby Dick, che ha dedicato all’argomento il suo ultimo film: The Invisible War). Dopo la denuncia, hanno ottenuto tutte lo stesso trattamento: le autorità si sono schierate dalla parte dei criminali, insabbiando le pratiche e reagendo con indifferenza o addirittura con ostilità. Fino all’assurdo: Andrea Werner, dopo aver denunciato la violenza subita, è stata accusata di adulterio (e ciò senza neanche essere sposata, mentre lo era il suo assalitore). Fino all’irrisione: Jessica Hinves ha raccontato che il suo aggressore non solo non è stato punito dall’Aeronautica, ma ha ricevuto il titolo di “pilota dell’anno” proprio mentre il processo a suo carico era in corso. E al ridicolo: “lo stupro è un rischio professionale di chi indossa la divisa”, è arrivato a dichiarare un tribunale a stelle e strisce.
Il Segretario USA alla Difesa, Leon Panetta, cui The Invisible War è stato già mostrato la scorsa estate, non ha ancora alzato un dito al riguardo. Tuttavia, il 24 gennaio 2013, ha revocato una norma del 1994 che impediva alle donne di partecipare a operazioni di combattimento. Povere soldatesse, prese tra due fuochi. Non sappiamo come se la caveranno. Quello che sappiamo è che andare al fronte non è mai stato così rischioso. Almeno per qualcuno.
(«Il Caffè», 29 marzo 2013)
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