sabato 9 marzo 2013

Limite

Per quanto paradossale possa sembrare, la nostra società occidentale - tanto fiera della propria razionalità - vive di pregiudizi. In particolare, del pregiudizio per il quale “di più” equivale sempre a “meglio” (sintesi della plurisecolare aspirazione scientifica al progresso); e della convinzione irrazionale (figlia dell’economia capitalistica) che da questo nostro mondo finito (nello spazio, nel tempo, nelle risorse a disposizione) si possa tirar fuori una produzione infinitamente estesa: quella che intellettuali e politici d’ogni sorta e fazione chiamano “crescita”, decantandone i benefici.
Oltre a ciò, ci ricorda l’economista francese Serge Latouche, autore di Limite (ed. Bollati Boringhieri) l’uomo occidentale moderno vive in una curiosa e dirompente alienazione: propaganda, ormai assuefatto, la bellezza e la libertà del non avere limiti (o del riuscire a infrangerli o a superarli) mentre non si rende conto che è la sua stessa vita a venir garantita dai limiti che ha tutt’attorno. È grazie ad esempio ai limiti imposti dalla legge (e dalla consuetudine) se non ci sbraniamo a vicenda.

Oltrepassare i limiti, in passato considerato un “peccato”, è diventato oggi un “obbligo sociale”. Ne stiamo già pagando le conseguenze

Quest’uomo che non riesce a vedere - tutto compreso dal fascino dello slogan “sempre più in alto!” - le conseguenze dei suoi stessi “superamenti”: valga come un esempio fra i tanti quello dell’acqua dolce, risorsa alla quale nei prossimi cinquant’anni metà della popolazione mondiale non avrà più accesso - a causa del riscaldamento climatico e di ogni tipo di spreco (inquinamento compreso) fino ad oggi compiuto.
Latouche spera che siamo ancora in tempo per capire che sono i limiti a farci vivere e che dovremmo perciò amarli e rispettarli (il che non vuol dire crearne a bella posta o accettarne indiscriminatamente). Vuol dire innanzitutto capire che il limite (primo fra tutti quello ecologico) è un alleato, non un nemico, al di qua del quale esprimere tutte le nostre capacità di ottenere il massimo dal minimo, tutto il nostro impegno, tutta la nostra buona volontà. Oltre il limite non c’è nessuna possibilità reale, ma solo il dibattersi recalcitrante di chi è preda del proprio delirio di onnipotenza. Togliamo di mano a costoro il potere di decidere del nostro futuro: la realtà che ci prospettano non esiste, anzi, non può esistere. Riscuotiamoci. Forse siamo ancora in tempo.

(«Il Caffè», 8 marzo 2013)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano