sabato 7 aprile 2012

Non va meglio, ma potrebbe/2


La settimana scorsa commentavamo l’ingenuità di quegli economisti che, di fronte a difficoltà spesso create dal loro stesso sistema economico, non trovano nulla di meglio da rispondere che: “ci vogliono più soldi!” (in altri termini: la crescita).
L’automatismo di questo riflesso pavloviano è ben spiegato dal francese Serge Latouche nel suo ultimo Per un’abbondanza frugale. Malintesi e controversie sulla descrescita (ed. Bollati Boringhieri, 2011):
quando la crescita non c’è in una società della crescita - più o meno la nostra situazione attuale - lo Stato si trova legato mani e piedi, alla mercè dei suoi creditori, che finiscono sempre per imporgli di attuare una politica di feroce austerità.
In queste condizioni le cose non vanno che peggio, con i ben noti e disastrosi effetti collaterali della compressione dei salari, dello smantellamento dello stato sociale, delle privatizzazioni (feroci anche quando non sono selvagge), della riduzione dei diritti in generale (per cui sempre più spesso si sente ripetere che oggi la Thatcher ha veramente vinto).
Per Latouche - economista di fama internazionale, al cui nome è ancorata la nozione stessa di decrescita - l’esempio della Grecia è al riguardo fin troppo eloquente: di fronte alla crisi, il popolo vota per un governo di sinistra; il quale, sotto la pressione dei mercati finanziari, non può che atttuare una politica di austerità neoliberale. Il francese ne conclude che quella neoliberista è una spirale che continua ad avvitarsi: non vi è modo di uscirne, se non per effrazione. Ovvero: non v’è riforma che tenga; il sistema va cambiato e basta.

Decrescita non significa regresso; proprio come “crescita economica” non sempre significa progresso (è la lezione della crisi)

La buona notizia è che un modello economico diverso esiste, ed è quello della decrescita. Un’alternativa non solo necessaria - perché la classica terapia del rilancio dei consumi e degli investimenti non è più applicabile: la Terra non può più sopportarla - ma anche possibile: Latouche lo spiega con chiarezza e sintesi in questo libro, nel quale ha inteso riassumere i contenuti dei suoi tanti lavori precedenti e riesporli alla luce dei più frequenti malintesi e delle numerose obiezioni solitamente mosse alla teoria, ad uso di coloro già addentro all’idea di decrescita (per i quali può costituire una sorta di manuale di facile consultazione), ma anche di quelli che si cimentano per la prima volta con le contraddizioni di un capitalismo che continua a prosperare nonostante i suoi innumerevoli e grossolani fallimenti.
Un libro, infine, per coloro che non ce la fanno più a sentir esporre con l’aspetto della ragionevolezza che “per uscire dalla crisi economica c’è bisogno sia del rilancio sia dell’austerità” (che è come dire - e lo ha fatto realmente Alain Minc, il sedicente consigliere esperto di economia di Sarkozy - che “bisogna spingere contemporaneamente sul freno e sull’acceleratore”). Per quelli che hanno già capito che “rilancio e austerità” significa rilancio per il capitale e austerità per tutti gli altri. Per quelli che non hanno ancora capito. E farebbero meglio a incominciare.

(«Il Caffè», 6 aprile 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano