
L’esposizione è molto lineare e tocca i sistemi simbolici e i rapporti tra i mondi e i linguaggi, il “fare mondi” (espressione che in inglese dà il titolo alla più celebre delle opere di Goodman - Ways of Worldmaking - tradotta in italiano con il titolo di Vedere e costruire il mondo) e l’inesistenza delle cose in sé. Boeddu risponde alle obiezioni mosse al costruttivismo e valuta le proposte del filosofo con equilibrio, sapendo prenderne le distanze al momento opportuno, riuscendo a condurre il lettore verso le più interessanti concezioni di Goodman, quali l’arte come forma di conoscenza e lo sfatamento del “mito dell’occhio innocente”. Ne emerge una proposta teoretica feconda e realistica (molto più di un certo sedicente realismo), radicale fino al provocatorio e in grado di affermare che «la natura è un prodotto dell’arte e del discorso».
L’autrice ha le idee chiare circa i temi trattati, conosce bene la bibliografia di riferimento (in italiano, inglese e francese) e sa essere anche spiritosa (nel titolare un paragrafo sulla situazione storico-critica dell’opera d’arte “lo stato dell’arte”). Erudito senza essere pedante, questo libro è consigliato senza meno a chiunque sia interessato al tema, ma anche a chi intenda cimentarsi per la prima volta con il pensiero di Nelson Goodman.
I. Boeddu, Nelson Goodman. Uno sguardo analitico sull’arte contemporanea, ed. Dell’Orso, 2009, pp. 150, euro 16.
(«Pagina3», 10 aprile 2012)
