In linea di principio l’idea potrebbe sembrare buona: a nessuno di noi vanno a genio quelli cui piace vivere al di sopra dei propri mezzi. Ma le cose, nel caso del nostro Paese, stanno diversamente, per almeno due motivi. Il primo è che il principio appena affermato si scontra con una realtà secolare di tendenza opposta, nello spirito di quel capitalismo che incentiva ad avere tutto subito, soprattutto quello che non ci si può permettere (mentalità portata avanti a colpi di carte di credito, rate, interessi zero e via discorrendo). Ora, se è vero che questo ha recato spesso una grossa crescita economica, è vero anche che tale crescita è stata accompagnata da una montagna di debiti (perché raramente la crescita economica è frutto dell’aumento dell’efficienza nella produzione).
Le decisioni economiche spettano all’economia. E quelle politiche? Pure, dicono gli economisti
Il secondo motivo per cui quella d’apertura sembra una cattiva notizia è che ci troviamo, evidentemente, di fronte a un ennesimo assalto alla politica da parte dell'economia: i governi nazionali continuano a contare sempre di meno, lasciando l’organizzazione della società in mano a delle regole sempre più internazionali di stampo economico, che non pensano ad altro che agli interessi del capitale finanziario globale e alla massimizzazione dei parametri di profitto, senza tenere in alcun conto le esigenze delle popolazioni (al riguardo, il consiglio è di leggere l’intervista a Bruno Amoroso, in cui l’economista di fama internazionale parla di espropriazione della politica da parte delle mafie finanziarie e dell’Unione Europea, così com’è attualmente, come di una “camicia di forza” dalla quale liberarsi al più presto).
Siamo di fronte a un sistema economico impazzito e fuori controllo (cfr. l'articolo del «Sole 24 Ore» di domenica 8 aprile a firma di Franco Debenedetti, p. 34, dal titolo “L’ignoranza del regolatore”, dal quale emerge che gli esiti dei sistemi economico-finanziari - lungi dal garantire la promessa ricchezza a tutta l’umanità - non sono prevedibili: questo dovrebbe legittimare una prudenza ben maggiore di quella cui siamo abituati e una riflessione di fondo sulla incapacità del mercato di guidare i nostri destini - cosa che ogni giorno invece gli affidiamo). Credo che sia giunto il momento di riflettere - soprattutto da parte di quelli che detengono quel poco di potere politico che gli è rimasto e da parte dei tanti economisti che progettano e propugnano teorie economiche di sviluppo. Il momento infatti è ora: tra poco anche l'essere poveri potrebbe diventare un reato da bandire nella Costituzione, più di quanto - in tanti sensi e in tante forme - non lo sia già oggi.
(«Il Caffè», 27 aprile 2012)